Non vi è dubbio che il 2013, seppure ricchissimo di eventi, sarà segnato nella storia dalla rinuncia al Soglio di papa Benedetto XVI e dall’elezione di papa Francesco. E infatti il tradizionale libro fotografico dell’Ansa, che raccoglie le immagini più belle dei 12 mesi, non poteva che aprirsu con quello scatto – tanto incredibile da parere ad alcuni un fotomontaggio – del fulmine che sfiora la cupola di San Pietro l’11 febbraio, giorno dell’annuncio delle dimissioni di Joseph Ratzinger.
Foto che apre non solo il bel saggio di oltre 380 pagine, ma l’intera prima sezione, dedicata a “Due Papi in Vaticano”. Forse anche per questo la presentazione milanese di PhotoAnsa 2013 – dopo quella romana alla presenza del presidente del Consiglio Enrico Letta -, svoltasi al Grande Museo del Duomo con l’intervento centrale affidato al cardinale Angelo Scola, ha avuto il senso di una profonda riflessione sugli eventi di Chiesa vissuti in questi mesi, per non rimanere fermi solo a una emozione superficiale. Pur immediata di fronte a centinaia di immagini, dalla violenza alle donne alla Siria, dalla “Concordia” al Brasile – sospeso tra i trionfi calcistici del Mondiale e la protesta di piazza – fino alle croci di Lampedusa fatte col legno dei barconi naufragati.
Ma il “cuore”, si capisce, torna sempre lì: a San Pietro, dall’11 febbraio a oggi. Non a caso il titolo della relazione dell’Arcivescovo è “Da Benedetto a Francesco: tra sorpresa e grazia”, laddove la “sorpresa” non ha bisogno di spiegazione e la “grazia” «in una dimensione pienamente cristiana, spiega da dove venga la sorpresa, dallo Spirito del Risorto che non cessa di accompagnare la sua Chiesa».
Nella sua articolata disamina, partendo da Giovanni Battista Montini, che già nel 1933 denunciava la dimenticanza di Cristo nel mondo contemporaneo, e giungendo fino agli esiti più maturi della ricezione del Concilio Vaticano II, Scola delinea il ruolo delle Chiese europee, tra fatiche e speranze. Con quella che potremmo definire la risposta per eccellenza alla crisi che attanaglia molte realtà ecclesiali e che ne è, insieme, la sfida. Il Cardinale cita ancora Montini, ormai Paolo VI, nella Evangelium Nuntiandi: «L’uomo contemporaneo ascolta più volentieri i testimoni che i maestri, o se ascolta i maestri lo fa perché sono dei testimoni». In questa verità, che non perde di attualità, e nella prassi scaturita dall’«indole pastorale» del Concilio, vanno situate la grazia di Francesco e, forse ancor più, la scelta per alcuni incredibile di Benedetto, che tuttavia trova la ragione nel «servizio alla comunione della Chiesa», nella «diaconia».
Dice, infatti, Scola: «È proprio questo carattere pastorale del Concilio Vaticano II, che esprime bene la vicinanza di Dio al quotidiano di ogni persona, a dare la chiave di lettura della scelta di papa Ratzinger. Proprio nel momento del congedo, è apparso con chiarezza cristallina davanti agli occhi di tutti il senso dell’instancabile impegno di papa Benedetto per il bene della Chiesa e del mondo. Impegno che, come egli stesso ha dichiarato, non muta nella sua sostanza con la rinuncia. Il ministero ordinato, nella Chiesa, non può essere mai ridotto a “ruolo”. La sua inedita e audace scelta di rinunciare al papato ha inaspettatamente e provvidenzialmente ha aperto la strada per superare l’affaticamento denunciato soprattutto per il Nord-Occidente».
Un affaticamento che, nota ancora, è sotto gli occhi anche a livello di tutte le forme di realizzazione di Chiesa – diocesi, parrocchie, comunità religiose, associazioni, movimenti – e che chiede di «rigenerare comunità cristiane aperte a 360°, che siano luoghi vitali di appartenenza tali da consentire alla persona, in piena libertà, una sequela Christi integrale e persuasiva». Sapendo che Dio non abbandona mai il suo popolo, tanto che «si può dire che il “battito” del cuore dell’attuale successore di Pietro è, innanzitutto, il battito del testimone che Paolo VI invocava».
Gioia – entrambi i Papi ne hanno parlato continuamente, evidenzia il Cardinale -, «misericordia e speranza rappresentano il filo rosso che ci permette di leggere questi mesi di ministero petrino del Papa che, come lui stesso ha detto, viene dalla fine del mondo». Un mondo in cui il cristiano, come Francesco non si stanca di ripetere, «deve giocare in prima persona», andando nelle periferie dell’umano, «puntando sull’essenziale», «raggiungendo tutti gli aspetti della vita, da quelli più personali fino alle implicazioni sociali». Proprio perché dall’ultimo cristiano che muore martire dimenticato al credente europeo del Terzo millennio in crisi di identità, fino al Papa, l’annuncio e la gioia del Vangelo sono tutt’uno e raccontano un incontro a cui nessuno può rimanere estraneo: quello con la persona viva di Cristo.