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Intervista

Colzani: «In Maria si realizza la gioia missionaria del Vangelo»

Alla Festa dei Fiori il sacerdote e teologo parlerà del rapporto tra la Madonna e il prete: «Un ministro non può non nutrire una vera pìetas mariana»

di Annamaria BRACCINI

2 Maggio 2017
Don Gianni Colzani

Sarà una testimonianza sulla propria esperienza personale di conoscenza e affetto per la Madonna, quella attraverso la quale don Gianni Colzani, sacerdote ambrosiano e docente emerito presso la Pontificia Università Urbaniana, delineerà durante la Festa dei Fiori «Il ruolo di Maria nella vita del presbitero e nella sua attività pastorale». Un excursus che, partendo dall’età giovanile e dalla formazione familiare e parrocchiale, arriverà a un’analisi teologica della dimensione mariana del sacerdote e della Chiesa.

«Nei miei primi anni di sacerdozio furono due testi a toccarmi in profondità – racconta -. Anzitutto Il Signore. Meditazioni sulla persona e la vita di N.S. Gesù Cristo di Romano Guardini, dove vi sono sei o sette pagine su “La Madre”: Guardini raccoglie la figura di Maria non attorno ai privilegi, ma attorno alla fede. Poi ho riflettuto a lungo sul lavoro di Max Thurian Maria madre del Signore, immagine della Chiesa, in cui l’autore conclude che la Madonna appare chiaramente “come la figura della Chiesa, nostra madre. Essa ci aiuta a considerare questa maternità della Chiesa nel suo ministero”».

Dunque, esiste uno stretto rapporto tra la maternità spirituale di Maria e il ministero della Chiesa?

Sì. A tale proposito, vorrei citare una frase: «L’autorità deve essere unita alla dolcezza nel ministero». La fede e la maternità spirituale di Madre del Signore sono le basi che permettono di intuire e di sviluppare una profonda sintonia tra la sua figura e la carità pastorale del presbitero. Infatti, la storia di Maria non è la storia privata di una giovane donna, ma è un evento che fa parte del disegno salvifico di Dio. Su questa base, pur nella più netta differenza, si può stabilire un rapporto tra la consacrazione di Maria e quella del presbitero.

Maria continua a essere un “referente collettivo” in cui i preti si interrogano su loro stessi, sui loro cammini, considerando che esiste una precisa dimensione mariana della Chiesa?

Mi chiedo spesso se le indicazioni che papa Bergoglio ripete in Evangelii Gaudium, ossia che la gioia del Vangelo è gioia missionaria, non trovino proprio in Maria una singolare realizzazione. Nel suo saggio Chi è la Chiesa Balthasar parla del soggetto-Chiesa a partire dalla natura umana rigenerata, presupposta e posta come interlocutrice di Dio, ma aggiunge che una certa soggettività ecclesiale va posta pure «a partire da Maria, dalla Chiesa dei credenti e di coloro che amano». Allora non è possibile – per nessun ministro e per nessun ministero ecclesiale – non nutrire una vera, significativa pìetas mariana.