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“La Pasqua è il giorno definitivo della storia dell’umanità. Un giorno marcato da un paradosso inaudito: con la sua morte veramente Beata, Gesù vince per sempre la morte stessa. Ma come può, e qui sta il paradosso, la morte essere Beata?”. L’Arcivescovo di Milano Angelo Scola ha aperto così il Pontificale di Pasqua in un Duomo gremito di fedeli, sollevati da un cielo sereno dopo giorni di pioggia. “Questo radioso mattino annuncia la Resurrezione del Signore – ha detto il Cardinale – e noi, in questo giorno, siamo di fronte ad un assurdo radicale, che la ragione sembra non poter sopportare. Come facciamo oggi, noi, così consapevoli delle strabilianti scoperte delle neuroscienze, a dare credito all’annuncio che la morte è beata? Può reggere quest’annuncio all’assillante richiesta di prove empiriche di noi contemporanei disincantati di fronte a qualcosa che non è empiricamente dimostrabile? E quindi, possiamo gioire della Pasqua? Sì! Se non riduciamo la nostra ragione solo al livello dell’empiricamente sperimentabile. Perché se la manteniamo in tutta la sua ampiezza, come molti scienziati cristiani, scopriremo che la scienza rigorosa non è mai nemica della fede autentica”.
Proprio in questa settimana santa di preparazione alla Pasqua, il Cardinale aveva invitato i fedeli a prendere in mano il Corcifisso, a tenerlo, a toccarlo, a guardarlo perché è attraverso di esso che possiamo scoprire come la morte di Cristo sia davvero qualcosa di singolare, come sia veramente beata. “Gesù non ha subìto la morte – dice il Cardinale – l’ha scelta in obbedienza al Padre, l’ha compiuta per riscattare dal profondo e dal di dentro ogni umana morte. Gesù sulla croce ci è salito liberamente, ed è questo mistero della libertà di Cristo che svela a noi uomini cosa sia l’amore, una parola consunta, ma tuttavia insostituibile in tutte le nostre giornate”.
Toccare il Crocifisso quindi, per scoprire che cos’è la vera libertà attraverso il gesto di Gesù: “La vera libertà è essere per l’altro. Solo uscendo da sé l’io si compie in maniera piena. Ma allora sorge una domanda – continua il Cardinale Scola – una domanda per noi decisiva: qual è la strada per credere ed imparare a vivere nel nostro tempo, anche con la nostra sensibilità così sofisticata? Quali sono le prove che ci ha dato il Risorto? San Luca ce l’ha detto: ‘Egli si mostrò ad essi vivo, dopo la sua passione, con molte prove, apparendo loro e parlando delle cose riguardanti il regno di Dio’. San Paolo ce l’ha detto: ‘Cristo apparve a Cefa, e quindi ai Dodici, in seguito a più di cinquecento fratelli in una volta sola, poi a Giacomo e quindi, ultimo tra tutti, apparve a me’. Ecco il modo di agire di Dio: egli non tratta mai i suoi figli come schiavi – ha continuato l’Arcivescovo di Milano – bensì li coinvolge nel cammino della libertà, li fa suoi testimoni. Gesù, allora, ha bisogno di noi uomini, di noi come suoi testimoni”.
Ed è da qui che il Cardinale di Milano si è rivolto a tutti i fedeli che lo ascoltavano in Duomo, tantissimi arrivati anche da fuori città. “E’ questa la responsabilità del cristiano: la testimonianza – ha detto Scola – ed ecco perché deve cambiare il nostro modo di guardare al prossimo, deve cambiare il nostro impegno nella comunità e nella società: ogni muro deve essere abbattuto, dobbiamo rigenerare i nostri rapporti nella comunione, non ci sono più bastioni da difendere, ma solo strade da percorrere incontro agli uomini. Noi dobbiamo essere testimoni di Gesù attraverso la nostra umanità che cambia, questa è la nostra ricchezza. La Chiesa rinasce ogni giorno dalle persone. Allora chiediamo a Gesù di essere suoi testimoni perché la sua misericordia serbi i nostri cuori lontano dalla tristezza e faccia fiorire nei nostri cuori la speranza! Misericordia e speranza per ciascuno di noi e per tutti gli uomini. Sono i due pilastri che la Pasqua ci comunica”.
Al termine della Messa, intorno alle 13, il cardinale Scola ha visitato “La Grangia di Monluè” (Via Monluè 87, Milano). In questa comunità di prima accoglienza, ha incontrato e dialogato con i 23 ospiti richiedenti asilo politico – impegnati nella ricerca del lavoro e nello studio dell’italiano – portando loro la benedizione pasquale.