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Fino al 19 giugno

Cesano Boscone, da 30 anni «i giorni del fuoco» alla Sacra Famiglia

Nati su iniziativa dei Cappuccini ispirati dal «Farsi Prossimo» promosso dal cardinale Martini. Si tratta di un’esperienza di condivisione da parte degli adolescenti degli oratori con gli ospiti che vivono in Istituto. Parla mons. Paolo Martinelli

14 Giugno 2016

Fino a domenica 19 giugno avrà luogo l’iniziativa «I giorni del fuoco» che vedrà protagonisti i giovani degli oratori milanesi e gli ospiti dell’Istituto Sacra Famiglia di Cesano Boscone, che accoglie persone con disabilità grave. Radio Vaticana ne ha parlato con monsignor Paolo Martinelli, Vescovo ausiliare e vicario episcopale per la Vita consacrata maschile.

Presentiamo l’iniziativa “I giorni del fuoco” che è giunta alla 30° edizione

Sì, 30 anni fa per la prima volta ci furono i cosiddetti giorni del fuoco. Si tratta di un’esperienza molto interessante di condivisione, di caritativa, in cui coinvolgere gli oratori, più o meno vicini alla sede di questo istituto che è alle porte di Milano. Coinvolgere gli oratori, soprattutto gli adolescenti con i ragazzi che vivono in istituto, li chiamiamo sempre affettuosamente così, anche se in realtà sono persone un po’ di tutte le età. Sono disabili psicofisici, in genere di una importante gravità, che hanno bisogno di un’assistenza continuata. Allora 30 anni fa questa iniziativa è sorta perché il cardinale Carlo Maria Martini aveva promosso nel suo Piano pastorale l’idea del “farsi prossimo”. A quel tempo noi frati Cappuccini (cappellani dell’Istituto) avevamo pensato di promuovere questa iniziativa nell’anno del «Farsi Prossimo» in cui offrire ai giovani adolescenti l’opportunità di coinvolgersi con la vita quotidiana delle persone ricoverate imparando così, concretamente, a mettere la propria vita a disposizione degli altri, condividendo la gioia, la fatica, il dolore, i momenti di preghiera, di catechesi.

In cosa consistono in concreto «I giorni del fuoco»?

Sono strutturati in una settimana in cui in genere i singoli oratori vengono legati ad un reparto particolare: si prendono in carico i ragazzi nei momenti della convivenza, del pasto, delle catechesi, dei giochi e liturgici in cui tutti i reparti confluiscono nella chiesa che si trova esattamente nel mezzo di questo istituto, tra i più grandi a livello nazionale con oltre mille ricoverati, con alcune filiali nel Nord Italia.

Dunque protagonisti di questa iniziativa sono gli ospiti dell’Istituto, ma anche gli adolescenti degli oratori ai quali viene proposta un’esperienza educativa forte…

Sì, questa è un’esperienza davvero fortemente educativa per loro: poter vivere l’entusiasmo, la giovinezza, la voglia di giocare, di creare relazioni e viverle insieme a persone profondamente segnate da una condizione di malattia, anche di dolore e di disagio. Questo è molto utile per i ragazzi, soprattutto oggi che siamo così immersi in questo mondo tecnologico, dove tutto è perfetto. Quanto è importante per i ragazzi prendere contatto con il mondo della disabilità che invece è fatto di ferite, contraddizioni e fatiche. Vedo i giovani fiorire quando prendono contatto con la realtà, quando si staccano un momento da questo mondo virtuale che narcotizza di fronte alla vita e hanno la semplicità di prendere una carrozzina, di lasciarsi abbracciare da questi ragazzi che in genere sono anche molto affettuosi nella loro relazionalità. Cominciano a girare per i reparti oppure a camminare per le strade dell’Istituto e si vede crearsi veramente un rapporto reale, in cui la persona, il ragazzo, il giovane si espone nel rapporto con l’altro che fa fatica a esprimersi, a camminare, a dire una parola. Qui si crea questa solidarietà nel mondo reale, non in quello immaginario dove tutto funziona bene ed è bello. Questo spalanca veramente il cuore, educa alla gratuità: imparare a dedicare tempo al gratuito diventa un criterio per vivere la vita di ogni giorno.