Dopo un primo articolo di presentazione del Catechismo della Chiesa cattolica (Ccc) raccogliamo alcune indicazioni sintetiche per un buon uso al di là delle difficoltà che può porre una prima lettura.
Il testo del Ccc ci offre con ampia documentazione i quattro pilastri della catechesi. La fede cristiana è fede creduta (credo), celebrata (liturgia), vissuta (comandamenti) e pregata (preghiera), e come tale va illustrata, integralmente e in termini perfettamente ortodossi. Questa proposta è connaturale all’essere e alla missione della Chiesa; ed è un diritto di tutti i fedeli il sentirsi fare la proposta stessa. Si tratta appunto dei quattro pilastri che reggono tutto l’edificio della fede ecclesiale.
Va forse un po’ smorzata l’enfasi posta sulla formulazione che ai suddetti pilastri è stata data nel Ccc. Si tratta di una delle formulazioni possibili. Se anche la catechesi stessa è una delle espressioni (non l’unica e neppure l’esclusiva) del ministero profetico della Chiesa a maggior ragione è da considerare tale un catechismo, fosse pure autorevole come il Ccc. Lo stesso orientamento lo cogliamo nel Direttorio generale della catechesi (Dcg), uscito nel quindicesimo anniversario della promulgazione del Ccc. Il documento, pur riservando amplissimo spazio al Ccc (in pratica tutto il capitolo II della seconda parte) non lo assolutizza, affermando esplicitamente che il testo «universale» non intende imporre nell’annuncio della fede una «configurazione determinata», in quanto «la perfetta fedeltà alla dottrina è compatibile con una ricca diversità nel modo di presentarla» (Dgc 122).
Proprio questi tratti problematici di fondo suggeriscono di puntare ancora su una variegata gamma di testi che facciano da «commentario» al «catechismo-testo». Un «commento» che dovrebbe necessariamente risultare «udibile» dall’uomo di oggi invitato, con l’Anno della fede, ad accogliere e vivere con particolare attenzione la fede cristiana. Vale a questo riguardo l’osservazione che dopo aver rivolto l’attenzione al seme (la Parola di Dio), occorre prendersi cura anche del terreno, cioè dell’uomo che tale Parola deve accogliere.
Uno dei convincimenti alla base del Ccc è che lo strumento «privilegiato» per vincere l’attuale crisi di fede sia costituito dal catechismo.
Un “Dossier informativo” ci ricorda i limiti strutturali del Ccc: «Sono i limiti propri di qualunque catechismo, in quanto tale. Come ogni catechismo, il Ccc è uno degli strumenti per la catechesi. Il catechismo è uno strumento, un mezzo per la catechesi. Il catechismo è solo uno dei mezzi non l’unico e neppure l’esclusivo della catechesi». E tuttavia lo stesso «Dossier», nel medesimo contesto, qualifica come «privilegiato» il catechismo stesso. Se dunque, persino il Ccc, che è catechismo «testo», va considerato alla stregua di un semplice strumento, ancor più si può applicare la medesima considerazione ai semplici catechismi che svolgono la funzione di «commentari».
Occorre inoltre sottolineare che l’eccessiva importanza data al Ccc rischia forse di indurre ad una sorta di pigrizia pastorale, motivata dalla convinzione che tale testo sia la panacea per la situazione critica in cui versa oggi la fede. Il tenere in giusta considerazione la relatività di ogni catechismo, ivi compreso il Ccc, può invece stimolare, molto opportunamente, ad attivare molteplici altre forme possibili di animazione della fede. Giustamente lo esige la fede stessa nella sua dimensione anche di fides qua. In quanto fides qua, cioè risposta al dono di Dio, essa è un atteggiamento che, per natura sua, dovrebbe coinvolgere tutti gli aspetti e le dimensioni della personalità umana: non solo la dimensione cognitiva ma anche quella emotiva e comportamentale. E dunque, come ci si preoccupa di curare con catechismi di vario tipo la conoscenza della fede, così ci si dovrebbe attivare in varie altre direzioni, per una sua assimilazione positiva anche a livello di sentimenti e comportamenti. È esigenza intrinseca della fede: una fede che è creduta, ma anche celebrata, vissuta e pregata.