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Armida Barelli è beata

Sirio 26-29 marzo 2024
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Intervista

Borsa: «Valorizzò la donna nella Chiesa e nella società»

Il presidente dell’Ac ambrosiana sulla Fondatrice della Gioventù femminile: «Promosse il carisma specifico, sostenne le vocazioni, investì nella cultura. E fu innovativa nella capacità organizzativa e comunicativa»

di Annamaria Braccini

28 Febbraio 2021
Armida Barelli

La “Sorella maggiore”, il punto di riferimento, per decenni, di migliaia e migliaia di giovani che seppe mobilitare e attrarre con una capacità organizzativa e una forza propulsiva fatta di fede tenace, di intelligenza brillante e di una concretezza tutta femminile e ambrosiana. Questo fu Armida Barelli, futura beata, come ha annunciato papa Francesco. Indiscutibile, indimenticabile e fondamentale il suo ruolo nell’Azione Cattolica – nel 1918 papa Benedetto XV la nominò presidente nazionale della Gioventù Femminile, carica che ricoprì ininterrottamente fino al 1946 -, come spiega Gianni Borsa, presidente dell’AC diocesana: «La futura beata, naturalmente, è ricordata come la fondatrice della Gioventù Femminile di Azione Cattolica, che diventerà poi il ramo più numeroso dell’Ac del secondo dopoguerra. L’intuizione avuta dalla Barelli e dal beato cardinal Ferrari fu quella di costituire una presenza forte, determinata, intelligente e creativa delle donne nella vita della Chiesa e nella società italiana. La Gioventù Femminile, con la guida di Armida e di tante altre donne che, cresciute con lei, l’hanno aiutata in questa opera, è stata davvero una grande intuizione per la storia non solo del cattolicesimo italiano».

Indubbiamente fu una donna coraggiosa per i suoi tempi, ma ci sono elementi di modernità che l’Azione Cattolica riconosce ancora pienamente attuali nella sua figura?
Ripeto che la sua prima grande intuizione fu quella della valorizzazione del carisma femminile nella Chiesa e nella società: la sua è stata davvero un’attività di promozione in un’epoca nella quale le donne – come sappiamo -, non erano, in molti casi, nemmeno considerate adeguatamente. La seconda intuizione è l’impegno a sostenere le vocazioni femminili, non solo religiose, ma anche nel matrimonio, nella professione, nell’attività sociale. Un terzo aspetto molto interessante mi pare che sia la scommessa sulla cultura, che certamente Armida riversa nella Gioventù Femminile, quindi nell’Ac e, come è ovvio, nell’Università Cattolica. L’obiettivo è formare adeguatamente cristiani moderni.

La sua capacità si concretizzò anche in attività che oggi chiameremmo di fundraising...
Sicuramente la capacità organizzativa della Sorella maggiore fu gigantesca, anzi direi che potrebbe essere ricordata come l’inventrice del fundraising. Si trattava di gestire la “cassa” dell’Università Cattolica, ma anche di organizzare le centinaia di migliaia di donne iscritte all’Azione Cattolica, che erano presenti nella vita della comunità cristiana e delle parrocchie. Donne anche attive, poi, in altre associazioni e realtà nelle quali svolgevano il loro impegno e servizio dopo essersi formate, come le Acli e la pubblica amministrazione. Non tralascerei assolutamente, a proposito di vocazioni, le Missionarie della Regalità di Cristo, uno dei primi Istituti secolari fondati.

Insomma, Armida sapeva fare rete – diremmo oggi -, creando consenso, ma sapeva fare anche comunicazione: pensiamo a riviste come Squilli di Risurrezione. In questo la sua figura può essere attrattiva per giovani che non la conoscono?
La Sorella maggiore era, senza dubbio, capace di comunicare, ma anzitutto nelle relazioni interpersonali perché sapeva parlare al cuore delle persone. È questo che ne faceva anche una buona comunicatrice. Negli interventi pubblici – quando, seguitissima, girava tutt’Italia per portare una parola ecclesiale e civile forte -, e tramite i mezzi di allora, che erano appunto le riviste.

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