«All’inizio del suo pontificato, da parte di Ratzinger c’era l’idea di riprendere e continuare l’insegnamento di papa Wojtyla, alla luce dell’amicizia e della collaborazione che li ha uniti per oltre vent’anni. Ma anche di accentuare l’aspetto più propriamente teologico della santità e della fede»: Elio Guerriero, teologo e autore della biografia di Benedetto XVI «Servitore di Dio e dell’umanità» (Mondadori), tratteggia l’immagine del Papa emerito sulla scorta della profonda conoscenza che ha di lui. «Ratzinger aveva maturato la convinzione di un deficit di fede, specie guardando ad alcune situazioni di Chiese locali – spiega -. Il programma del suo pontificato era condurre la Chiesa a ritrovare la vicinanza con Gesù Cristo. Anche la scelta di vivere a Mater Ecclesiae, in Vaticano, vuole essere di aiuto alla Chiesa ad andare alla sequela di Cristo».
Alla luce della biografia di Joseph Ratzinger, come leggere oggi la sua rinuncia?
Col tempo il gesto del Papa emerito diventa sempre più profetico. Ho iniziato a scrivere questo libro convinto che le dimissioni del Papa non fossero così drammatiche come inizialmente si era detto. Non sono assolutamente da interpretare come la fine di un’epoca, come qualcuno ha dichiarato. Conoscendolo, anche da professore e da vescovo ha cambiato spesso, per obbedienza a volte, o anche per scelta. Anche nel caso delle dimissioni, come ha detto più di una volta, ha pregato, riflettuto e si è convinto che doveva farlo. Tanto più che non si sentiva in grado di continuare a svolgere il servizio e la sua testimonianza fattiva con il venir meno delle energie. Di più. Dice anche che il ministero petrino, oggi, è molto impegnativo. Forse più che in passato. E richiede le forze necessarie per poterlo espletare. Cioè, essere in un’età che consenta di viaggiare, di fare tanti incontri e di prendere decisioni non facili. Da teologo brillante qual è sempre stato, ha chiarito anche la differenza tra il sacramento episcopale, che resta sempre, e il servizio petrino, che può essere lasciato alla persona che il Signore vorrà designare durante il Conclave.
Nei mesi scorsi, però, si è parlato molto del ministero allargato, con un membro attivo e uno contemplativo, in una dimensione sinodale e collegiale. Cosa ne pensa?
Occorre essere chiari: il Papa è uno ed è Francesco. Il Papa emerito, Benedetto XVI, conduce una vita ritirata in preghiera. Come scrive Bergoglio nella prefazione al mio libro, vanno d’accordo e si aiutano reciprocamente. La chiarezza vuole però che il Papa in carica sia uno solo.
Tutti ricordiamo le parole del Papa all’atto dell’elezione: sono un umile lavoratore nella vigna del Signore. Questa espressione racchiude lo spessore umano e teologico del Pontefice. Che ne pensa?
È anche il filo del suo pontificato, che ho ripreso nel titolo del mio volume. Anche per sottolineare il concetto di servizio alla Chiesa. Nei suoi otto anni di pontificato Ratzinger ha avuto molto forte questa impronta. È sempre stato consapevole della struttura martiriologica del ministero petrino, rifacendosi a un suo saggio degli anni Ottanta: in altre parole, vuol dire che oggi diventare Papa equivale a diventare martiri. Credo che abbia una certa preferenza per il Vangelo di San Giovanni, nel passo in cui Gesù chiede a Pietro per tre volte se lo ama veramente, legandolo a se stesso per la via della croce. Credo che questa idea di servizio sia stata il timbro forte del suo pontificato e anche la forza della testimonianza che permane.