C’è Dio al centro del viaggio del Papa in Germania. Per questo le stracche polemiche mediatiche della vigilia alla fine sono state smentite. Ha parlato con profondità e con franchezza, secondo quel registro patristico che è il suo, inconfondibile. La vera crisi della Chiesa nel mondo occidentale, ha ribadito, non dipende da riforme strutturali interne, ma è una «crisi di fede». Questo significa ritornare alle sorgenti, ritornare ai fondamentali, ed alla testimonianza franca nel mondo.
Le secolarizzazioni, ha ricordato a Friburgo ai cattolici impegnati nella società e nella Chiesa, sono state nella storia e diventano momenti di purificazione, per la liberazione da ogni deposito mondano. E nello stesso tempo esortano ad una iniziativa , per il bene di tutti. «Nei confronti della religione vediamo una crescente indifferenza nella società che, nelle sue decisioni, ritiene la questione della verità piuttosto come un ostacolo, e dà invece la priorità alle considerazioni utilitaristiche», ha detto appena arrivato. «Viviamo in un tempo caratterizzato, in gran parte, da un relativismo subliminale che penetra tutti gli ambiti della vita. A volte, questo relativismo diventa battagliero, rivolgendosi contro persone che dicono di sapere dove si trova la verità o il senso della vita», ha poi affermato.
Per questo nel grande discorso al Bundestag ha invitato a un grande dibattito pubblico sulla questione dei fondamenti, della politica, del diritto, della vita sociale, insomma della sostenibilità del futuro: «Questa è una situazione drammatica che interessa tutti e su cui è necessaria una discussione pubblica». Infatti «c’è bisogno di una base vincolante per la nostra convivenza, altrimenti ognuno vive solo seguendo il proprio individualismo. La religione è uno di questi fondamenti per una convivenza riuscita». «Come la religione ha bisogno della libertà, così anche la libertà ha bisogno della religione»: ha usato le parole del grande vescovo e riformatore sociale Wilhelm von Ketteler, all’origine del grande impegno dei cattolici nella società a metà dell’ottocento, per ribadire che le risposte anche oggi devono partire dalla stessa dinamica.
Ritornano la questione di Dio e della testimonianza. Ha detto nell’incontro ecumenico: «Occorre forse cedere alla pressione della secolarizzazione, diventare moderni mediante un annacquamento della fede? Naturalmente, la fede deve essere ripensata e soprattutto rivissuta oggi in modo nuovo per diventare una cosa che appartiene al presente. Ma non è l’annacquamento della fede che aiuta, bensì solo il viverla interamente nel nostro oggi».
Ha concluso con una parola di fiducia, sulla forza trasformante della fede e di «comunità diffusive di luce, di Cristo nella società pluralistica, rendendo altri curiosi». Dove c’è Dio insomma, là c’è futuro: e prospettive nuove, spesso insospettate, oltre l’oggi, oltre l’effimero.