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Milano

Bazzari: «Nella fedeltà agli ideali originari, impegnati per il futuro»

Nell’intervento a chiusura della vista del Cardinale all’Istituto Palazzolo, il presidente della Fondazione Don Gnocchi, monsignor Angelo Bazzari, ha sottolineato il passaggio cruciale che sta vivendo l’Ente impegnato in una riorganizzazione strutturale e organizzativa dei servizi per meglio rispondere alle esigenze di oggi

di Annamaria BRACCINI

21 Dicembre 2014

«Camminando con lei, Eminenza, tra i nostri ospiti abbiamo attraversato la frontiere del dolore e della vita, facendo una fleboclisi di ottimismo non manieristico e un overdose di speranza». Dice così – senza mezzi termini – il presidente della Fondazione Don Carlo Gnocchi, monsignor Angelo Bazzari, che a conclusione della vista del Cardinale all’Istituto Palazzolo, rivolge all’Arcivescovo un ringraziamento a nome dell’intera direzione e del personale. «Questa, all’esordio e alla fine della vita, è la nostra compagnia fatta dei bimbi della neuropsichiatria infantile, dei malati di SLA e di coloro che sono negli stati vegetativi, di chi soffre di Parkinson e della malattia di Alzheimer», continua Bazzari mentre Scola ascolta attento e prende molti appunti. «È la frontiera che ci ha lasciato don Gnocchi quando nella tragica ritirata di Russia ha immaginato e sognato la sua opera che oggi è tutto questo. Cerchiamo di rispondere a gravi bisogni, nella fede, con grandi e profonde motivazioni».

E se la Fondazione è una realtà di assoluta eccellenza, “bella” in molti sensi – dove il bene si fa bene – le problematiche non mancano e il Presidente non le nasconde, partendo da quella che attualmente sembra una parola magica: la sostenibilità.

«Sostenibilità, non soltanto nel contesto dell’economia finanziaria – scandisce – ma anche come appropriatezza degli interventi nella rivoluzione alla ricerca del miglioramento continuo della qualità di vita che stiamo vivendo come Fondazione».

Da una parte, c’è «la mission che costituisce l’irrinunciabile continuità con le radici originarie, i giacimenti delle nostri idealità, il carisma, l’antropologia e la pedagogia del dolore che è sempre innocente anche nei malati terminali», dall’altra, «la necessità di declinare un tale serbatoio di valori in un profondo cambiamento che comporta anche discontinuità con il passato e che deve essere, appunto, sostenibile».

Il riferimento si esemplifica bene nelle cifre della Fondazione che monsignor Bazzari velocemente illustra a livello di percentuale: l’attività è, infatti, oggi, per il 74% sanitaria, per il 16% socio assistenziale con un 10% di impegno erogato tra socioeducativo, ricerca scientifica, formazione e solidarietà internazionale».

Tutto ciò, riflette ancora il Presidente, «ha portato a una riorganizzazione strutturale e organizzativa per sviluppare al meglio l’assistenza, attraverso collegamenti nei nostri Centri e tra loro, pensati in sinergia con chi lavora nell’ambito socio educativo e internazionale». Un aggregazione che ha visto il Palazzolo formare un unico Presidio territoriale insieme al Centro Irccs “Santa Maria Nascente”, al Centro “Peppino Vismara” e al Centro Multiservizi di Legano. Presidio nord 1, che è uno dei nove diffusi in nove regioni, attraverso cui, oggi, la Fondazione svolge le proprie attività con 28 strutture e una trentina di ambulatori. E del resto anche l’hospice visitato dall’Arcivescovo completa un disegno comprendente altre due strutture simili, una a Monza e una a Marina di Massa.

«Siamo passati da una realtà medio-piccola a una medio-grande in un momento delicato per la crisi, ma siamo riusciti a realizzare iniziative, aggiornando gli strumenti, i mezzi, la formazione». La sottolineatura è, allora, per tre eventi importanti e simbolici avvenuti nel 2014: «la Lavanda dei piedi da parte di papa Francesco sugli ospiti del Centro romano “Santa Maria della Provvidenza”, la traslazione temporanea, sempre a Roma, della salma di don Gnocchi visitata anche dal Presidente della Repubblica e il V anniversario della beatificazione dello stesso Papà dei mutilatini in Duomo», presieduto dal Cardinale in Duomo lo scorso 25 ottobre. Senza dimenticare il Santuario del Beato (annesso a Santa Maria Nascente in via Capecelatro) che ha visto la presenza, alla sua apertura, di oltre diecimila fedeli. E poi, ancora pubblicazioni – ne è attesa una sul dolore innocente – Convegni, l’essere provider della sanità per quanto riguarda il Ministero della Salute e le scelte di solidarietà con i 3500 siriani accolti da “Don Gnocchi” o l’aiuto portato agli alluvionati di Parma.

Importante anche l’impegno della Fondazione nelle “Case famiglia” realizzate in ambienti sequestrati alla malavita e concessi dal Comune.

«Siamo impegnati – conclude Bazzari – camminiamo nel Paese, anche attraverso l’opera di più di mille volontari e una territorializzazione dei servizi, con anelli di una catena che va dall’ospedale alle Case, affiancandoci alle famiglie. Questo è il futuro: nei nostri malati non vediamo solo la dignità della persona, ma anche frammenti del Dio che non abbandona nessuno e abbraccia tutti».

Il breve saluto conclusivo del Cardinale ai presenti prende avvio da una riflessione sulla liturgia ambrosiana: «Sua caratteristica profonda è che l’attesa dell’Atteso non è soltanto memoria del Figlio di Dio che nasce nel santo Natale, ma è attesa della sua manifestazione gloriosa alla fine dei tempi. Così il Natale si sottrae a una visione nostalgica, per concretizzarsi nella storia dove Gesù vive realmente come contemporaneo a ciascuno di noi. I cristiani sono gente che non insegue una bella favola, ma si apre al futuro proprio perché il figlio di Dio è entrato nel tempo. Il genio di don Gnocchi e di Palazzolo non sarebbe stato possibile senza questa attesa certa di Cristo che compie la storia e unisce per sempre passato e futuro. La coscienza forte e certa è che senza la fede tutto questo non sarebbe stato possibile, perché non nasce dalla compassione umana o dalla filantropia pur necessarie: è un guardare oltre. L’augurio che faccio a questa realtà di cui andiamo fieri è di trovare un nuovo umanesimo, che ci aiuti a condividere le prove che la grande città attraversa con un’anima unitaria».