La terza relazione della Settimana Liturgica è stata affidata ad un laico, il professor Andrea Grillo, che ha parlato della radice profetica della vita cristiana
Puntuale e sferzante la bella lezione sul battesimo e sull’iniziazione cristiana offerta ai convegnisti della Settimana Liturgica varesina dal professore del Pontificio Ateneo liturgico Sant’Anselmo di Roma, Andrea Grillo. Battesimo ed eucaristia, ha più volte sottolineato il relatore, legati originariamente da un nesso non solo inscindibile ma necessario, vedono oggi indebolita la loro naturale, graduale consequenzialità.
Oggi la nostra pratica pastorale connette più facilmente battesimo (dei bambini e neonati, quasi sempre), penitenza ed eucaristia, lasciando poi successivamente, la cresima. Una tendenza maturata in oltre trenta-quarant’anni di pratica e di riflessione pastorale, ma che oggi sta prestando il fianco a numerose critiche, spingendo un colosso come la diocesi ambrosiana a mettere in campo una radicale e profonda riflessione sulla propria pratica di iniziazione cristiana.
Si sta cercando di riscoprire il senso di ciò che era in origine, ai tempi dei Padri: il battesimo, come – ha detto Grillo – «inizio solenne del realizzarsi sacramentale dell’“avvicinarsi”, compaginarsi, riferirsi alla “pietra angolare” di ogni pietra ecclesiale, di ogni struttura, di ogni trave come di ogni serratura, di ogni finestra come di ogni scantinato, di ogni centro come di ogni periferia. È evidente che proprio quel legame a Gesù Cristo deve approdare alla vita eucaristica».
Insomma, un legame naturale e graduale, un viaggio diretto, senza interruzioni, una porta aperta sulla comunione eucaristica. Anche quando a ricevere il battesimo è un bambino. È la triade battesimocresima- eucaristia. Prassi, dicevamo, abbandonata nel nostro modo di concepire l’iniziazione cristiana che a questa originaria ha sostituito un’altra sequenza sacramentale: battesimo-penitenzaeucaristia.
Scelta “imbarazzante” per Grillo: «La questione investe radicalmente la comprensione del battesimo e il suo rapporto strutturale con l’eucaristia: infatti inserire la penitenza non solo stabilmente ma addirittura originariamente nel passaggio tra battesimo ed eucaristia significa compromettere questo passaggio: ciò tende non solo a rendere ordinario ciò che è straordinario- ossia il caso della necessità della penitenza per ricongiungere battesimo e eucaristia- ma soprattutto, e con molto maggior disagio, a rendere straordinario ciò che è ordinario – ossia il normale passaggio dal battesimo alla eucaristia».
Il “disagio” provocato alla riflessione teologica e pastorale dalla nostra prassi sacramentale si estende alla percezione di una certa “funzionalizzazione” liturgica, che quasi impone con urgenza ai riti celebrati –pena il loro svuotamento di significato o una sorta di “inefficacia” – di condurre immediatamente all’“agire cristiano”.
Come era già risuonato dal palco del Teatro Apollonio, insomma, anche dal professor Grillo è arrivato ai convegnisti – e alla Chiesa italiana così ben rappresentata da Vescovi, clero e laici impegnati – l’esplicito invito a rallentare l’impellenza del compito che rischia di soffocare l’accoglienza e la comprensione del dono.
Con altre parole, Enzo Bianchi aveva tuonato: «Impariamo a vivere noi le cose, senza avere la febbre dell’evangelizzazione! Se la fontana è piena d’acqua, dà acqua a tutti gli altri». Ancora una provocazione importante, dunque, a riscoprire la forza dei riti (che – ha indicato Grillo –, per essere significativi devono restare riti materiali), in un contesto in cui sembra prevalere in alcuni la mancanza di speranza verso la liturgia dell’iniziazione.
Maria Teresa Antognazza