Un lamento crescente si leva dalle periferie esistenziali delle nostre città. Non è nuovo, ha solo cambiato suono. Rimbomba sordo e basso e ha il timbro strozzato dell’angoscia di chi ha paura, della desolazione di chi non sa come ricominciare, dello scoramento di chi ha perso tutto. Chi si trova nelle strettoie della vita, affrontandole con grande dignità, spesso non sa cosa fare e a chi rivolgersi senza sentirsi umiliato perché ultimo, respinto perché mendicante, emarginato perché escluso. C’è però qualcuno che sente e coglie e che non si tira indietro, qualcuno che porge la mano e l’ascolto, qualcuno che molte volte scalda in egual misura cuori e minestre. Ciascuno di noi ne conosce più di qualcuno e può raccontarne la storia e le gesta, non eroiche ma quotidiane. Testimoni autentici, non testimonial, uomini e donne, laici e consacrati che si impegnano a utilizzare ciò che hanno e ciò che viene loro donato, convogliandolo in opere di bene senza far divenire stucchevole l’uso di questa espressione. Chi sono tutte queste persone che si affannano per dare speranza a chi non la ritrova? Sono i protagonisti veri, non verosimili, della nuova campagna di comunicazione 8xmille della Chiesa cattolica “Chiediloaloro”. Hanno 15 secondi e poche immagini per guardarci negli occhi e dirci che qualcosa, insieme, si può fare. Perché l’entusiasmo è molto, ma i fondi sono sempre troppo pochi.
Ecco allora che conosciamo Angela, che a Trieste nel centro “La madre”, alloggia, ospita, protegge, le madri in difficoltà. Finora sono passate dalla casa protetta circa 270 donne con i loro figli, in fuga da emergenze familiari di vario genere innescate dalla crisi e da nuove povertà. Trovano riparo qui grazie all’impegno inesausto dei volontari, ma grazie soprattutto a un contributo di circa 80 mila euro per allestire e condurre tre strutture d’alloggio, il centro ascolto, la mensa, le docce, l’emporio.
Anche a Matera esiste un tetto per chi non ha più sicurezze. Si chiama “La tenda” e accoglie temporaneamente chi è in difficoltà e si trova da un giorno all’altro nella scomoda situazione di “nuovi poveri”: famiglie sfrattate e padri separati. Un “microcosmo della recessione” che racchiude in sé la volontà di riscatto e di nuovi inizi.
Per don Alberto D’Urso, sacerdote a Bari, il prossimo è colui che è caduto nelle spire dell’usura e dell’azzardo, in un Paese, il nostro, che oggi è il primo mercato del gioco in Europa e il terzo al mondo. Un’immensa macchina di produzione della miseria, oltre che anticamera dell’usura. Per questo ha fondato la Consulta nazionale antiusura che finora ha accompagnato fuori dal buio oltre 150mila famiglie. «Per me sacerdote – dice don Alberto – questa missione significa non essere passato senza fermarmi accanto a chi è stato depredato, come il levita della parabola del buon samaritano».
Nella parrocchia di Sant’Antonio di Savena (Bologna), un altro sacerdote, don Mario Zacchini, scende in strada e si fa incontro alle donne sfruttate e piegate alla schiavitù della tratta e dello sfruttamento sessuale per portarle a “Casa Magdala”. Le nigeriane e le rumene stazionano ai bordi delle vie, le cinesi invece sono chiuse in appartamenti e centri estetici. Fatte prostituire in nome di debiti irriscattabili o minacce ai familiari in patria. La rinascita dopo gli abusi ricomincia grazie al lavoro delle operatrici e all’affetto dei volontari.
Costruire un domani alternativo all’oppressione mafiosa è invece la missione del Centro d’ascolto e di solidarietà “Mons. Italo Calabrò” di Archi, area metropolitana nord di Reggio Calabria. Diecimila abitanti, tre parrocchie e le suore Francescane Alcantarine, che promuovono nel centro l’animazione di strada, con circa 20 operatori: giochi e sostegno scolastico, teatro e formazione, gite e laboratori, calcio e basket, giornate ecologiche. «In alternativa alla povertà culturale, proponiamo ai minori percorsi di crescita», spiega la superiora, suor Loriana Torelli. Quindicimila euro l’anno di contributo, e poi tanta Provvidenza, che ha il volto di molti.
Basta solo una firma per fare la differenza tra una porta chiusa e una aperta. Chiedilo a chi lo sa.