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8 dicembre

«Ac: dire sì a un cammino formativo e comunitario»

La presidente dell'Azione Cattolica Valentina Soncini illustra i temi della Festa dell’Adesione

di Valentina SONCINI Presidente Ac ambrosiana

4 Dicembre 2011

Per curiosità se si digita nel motore di ricerca google «8 dicembre giornata adesione Ac» compaiono moltissime informazioni, che diventano tappe di un immaginario giro d’Italia: da Messina a Parma, da Catanzaro a Milano, da Padova a Torino… ogni tappa rimanda a feste, incontri di giovani, ragazzi, adulti… consegna delle tessere, preghiera, dibattiti dal comune tema «Chiama anche te» in sintonia con il tema dell’anno «Alzati ti chiama» tratto dal Vangelo di Marco. A colpo d’occhio si vede che non è solo una questione della Diocesi di Milano: è la festa dell’Azione cattolica italiana. In tutte le diocesi l’Ac si veste a festa per celebrare, potremmo dire, il suo compleanno: l’8 dicembre con i nuovi soci o il rinnovo dell’adesione propriamente l’Ac nasce o si rigenera. Non è una nascita scontata. Ogni anno sorgono nuove associazioni locali, altre vengono meno, secondo il "naturale" ciclo di una vita secondo lo Spirito.

Perché far «festa» per l’adesione? L’adesione all’Ac, sottolineano monsignor Domenico Sigalini e Franco Miano (assistente e presidente nazionale), introduce a un «cammino di formazione radicato nella Parola, che fa coltivare il desiderio di Dio; schiude alla fraternità che siamo chiamati a costruire all’interno, in comunione con la Chiesa di tutti; allena ad assumere delle responsabilità; aiuta a vivere il dialogo tra le generazioni, a partire dalla sua struttura, facendo crescere la passione educativa; apre gli occhi, perché le questioni di oggi interroghino la nostra vita di credenti e non si pongano a fianco di essa; fa sentire impellente la partecipazione al confronto nella comunità cristiana; aiuta a leggere i segni della sapienza di Dio in una realtà che secondo i nostri criteri a volte potrebbe apparire difficile da capire». Sette ragioni da cui è possibile trarre spunti per rilanciare anche nella nostra terra ambrosiana il significato di associarsi. Ogni anno moltissimi giovani, ragazzi, uomini e donne, papà e mamme con l’adesione si dichiarano reciprocamente e in modo pubblico nella Chiesa in comunione con il proprio Vescovo che, in nome del Vangelo, intendono aiutarsi a vivere da grandi e da piccoli queste dimensioni. È un grande gesto di condivisione tra cristiani di ogni età chiamati ad assumere la vita della Chiesa come la vita della propria famiglia; da laici vicini ai Pastori con l’affetto dei figli e la maturità di persone adulte capaci di assumersi le proprie responsabilità. Tutto ciò è un ottimo motivo di festa.

Adesione? Sì grazie, come dono dato per l’evangelizzazione. Senza adesione non esiste associazione, senza questa associazione verrebbe meno un soggetto preciso con la sua vitalità, con il suo carisma, con la sua capacità di esplicitare i legami di comunione presenti nella Chiesa. Verrebbe meno una disponibilità precisa di persone che si sentono di dichiarare la propria disponibilità a edificare la Chiesa locale secondo le linee del Vescovo. L’adesione e la tessera di una associazione possono essere vissute come una formalità: sono già disponibile a dare una mano nella Chiesa, a che serve un legame associativo? Come per tutte le associazioni, aderire significa prendersi un impegno pubblico attraverso una forma laica, e in aggiunta a ciò, essere parte dell’Ac significa dire sì a un cammino formativo e comunitario, diretto alla propria crescita umana e cristiana. Significa dire apertamente sì a una dimensione diocesana e insieme laicale. La vita associativa non è una somma di incontri: è di per sé una palestra formativa e un incubatore di relazioni. Se nelle nostre comunità i rapporti di comunione sono allentati, se sono indeboliti i legami tra Chiesa e società civile, se si fatica a garantire cammini di formazione per le persone, allora oggi l’Ac può essere una risorsa per il tessuto pastorale. Purtroppo capita che la convocazione e il coinvolgimento dei laici siano a volte solo funzionali ai servizi da compiere o alle esigenze espresse dal prete: troppo poco per formare adulti nella fede. Adulti che non svolgano solamente occasionali servizi pastorali, ma che sappiano essere fedeli alla vita buona del Vangelo, dando ragione della speranza cristiana.

Sono in gioco questioni grandi: è grande l’avventura della nuova evangelizzazione, rispetto alla quale anche l’Ac intende concorrere insieme a tutti i fedeli e alle altre realtà ecclesiali.

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