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9-11 febbraio

A Roma “Gesù nostro contemporaneo”

Convegno internazionale promosso dal Comitato per il progetto culturale della Cei. Interverranno anche il cardinale Angelo Scola e il teologo Pierangelo Sequeri

1 Febbraio 2012

Dopo il grande incontro su “Dio oggi. Con lui o senza di lui cambia tutto” del dicembre 2009, il Comitato per il progetto culturale della Cei torna a lanciare un messaggio forte e una provocazione al dibattito pubblico. Lo fa con l’evento internazionale “Gesù nostro contemporaneo”, attraverso il quale si vuole sottolineare «la contemporaneità di Gesù, il suo carattere di persona viva, reale, portatrice di una luce e di una speranza capaci di orientare il cammino di un’umanità che è entrata in un tempo di grandi cambiamenti e di scelte di enorme portata».

«Sta qui – si legge infatti nella presentazione dell’iniziativa – la specificità che conferisce a Gesù un significato assoluto e universale, capace di toccare il cuore, di far sentire tutti ugualmente uomini, esaltati nella propria umanità e unicità».

Fede e cultura

«Agli uomini del nostro tempo – spiegano i promotori dell’incontro – è riproposto Gesù, il Cristo crocifisso e risorto, di cui parlano da secoli le grandi opere della cultura e la fede umile e operosa di tanti fedeli». Il percorso offerto si snoda «nei termini della cultura attuale, con rigore critico e confrontandosi in maniera intellettualmente onesta con coloro che hanno di Gesù opinioni molto diverse». Proprio questo confronto, «condotto non solo sul piano delle argomentazioni, ma su tutto l’arco dell’esperienza umana», costituirà il “sale” dell’evento, che poi nei percorsi formativi e nelle diverse proposte della comunità cristiana potrà servire a riflettere e confrontarsi sulla “dimensione culturale” della “questione di Gesù”. Spesso Benedetto XVI ha riproposto la “grande domanda” su Gesù di Nazaret: che cosa egli ha portato veramente nel mondo, se non ha portato la pace, il benessere per tutti, un mondo migliore? La risposta, per il Papa, è molto semplice: Dio, Gesù «ha portato Dio», quel Dio che le genti avevano intravisto sotto molteplici ombre e che, grazie a lui, «scopriamo così vicino da poterlo incontrare». La figura di Gesù è anche il punto in cui si rende manifesto quanto la “questione antropologica” e la “questione di Dio” si richiamino vicendevolmente: secondo Benedetto XVI, la vita, e in particolare la risurrezione, di Gesù Cristo pongono inesorabilmente alla ragione umana la domanda su Dio e sul suo intervento nella storia: se, infatti, Cristo è soltanto un uomo, e soprattutto non è risorto, siamo costretti, alla fine, a ridurre la portata della sua vicenda, confinandola in un lontano passato.

Contemporaneità e adorazione

La contemporaneità del cristiano con il Cristo è uno dei temi centrali del pensiero del filosofo danese dell’Ottocento Soeren Kierkegaard, che in “Esercizio del cristianesimo” scrive: «In rapporto all’Assoluto non c’è che un solo tempo: il presente; per colui che non è contemporaneo con l’Assoluto, l’Assoluto non esiste affatto. E poiché Cristo è l’Assoluto, è facile vedere che rispetto a lui, è possibile solo una situazione: quella della contemporaneità". E nel “Diario”: «Ciò che in diversi scritti ho svolto sulla “contemporaneità”, che cioè essa costituisce il criterio di misura, è assolutamente vero sotto l’aspetto poetico, storico ed etico, e conserva quindi il suo valore; e in un certo senso vale anche rispetto a Cristo come persona storica. Ma Cristo è allo stesso tempo la realtà dogmatica. Qui sta la differenza. La Sua morte è la Redenzione». Così, conclude, «importa soprattutto l’adorazione, e solo attraverso l’adorazione si può voler imitare».

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