Sarà una cena di Natale multietnica, quella organizzata dalla scuola di italiano per stranieri adulti nella parrocchia di Sant’Apollinare in Baggio aperta 6 anni fa. La sera di venerdì 19 dicembre ogni studente porterà un piatto del proprio Paese da condividere con tutti: oltre agli iscritti sono invitati anche i familiari e gli ex alunni.
«Gli studenti sono circa 80, con maestri volontari che si alternano sui vari gruppi – dice Anna Aldi, una dei 25 insegnanti -. Ci sono infatti tre livelli di apprendimento, base, medio e avanzato». Alla fine dell’anno ogni alunno viene inviato all’esame per la certificazione di italiano come lingua straniera. Le lezioni si tengono il martedì e il venerdì sera nelle aule dell’oratorio. «Gli studenti – continua la volontaria – provengono da tutto il mondo: Romania, Montenegro, Ucraina, Pakistan, Sri Lanka, India, Filippine, Ecuador, Perù, Egitto». Anche l’appartenenza religiosa è varia: ci sono musulmani, cristiani copti, ortodossi e cattolici. «Prima dell’inizio delle lezioni condividiamo un momento leggero con thè e dolci. La scuola è un luogo in cui si cerca di imparare non solo l’italiano, ma anche a frequentare gente che, pur essendo molto diversa, è accomunata dallo stesso destino di migrante. Noi che viviamo e lavoriamo dove siamo nati – ammette Aldi – non riusciamo sempre a capire come possa essere difficile la convivenza tra un giovane egiziano musulmano e un’esuberante brasiliana o una ragazza moldava abituata fin da piccola a contare su di sé».
La lingua indica un’appartenenza e in virtù di questo comunica una diversità; nel rapporto tra culture, la diversità linguistica può essere riconosciuta come il primo indicatore di estraneità. «La difficoltà di farsi comprendere utilizzando la propria lingua e la necessità di comunicare attraverso un altro codice – continua l’insegnante – causano nella persona straniera una profonda sofferenza e una forte percezione di sradicamento. A questo si aggiunge l’urgenza di apprendere la nuova lingua per garantirsi la sopravvivenza».
«La posizione geografica “condanna” l’Italia a essere crocevia, ponte tra l’Africa disperata e il ricco Nord Europa, tra Est europeo che ancora soffre dello sfascio dell’Unione Sovietica e Ovest carico di possibilità – spiega Aldi -. Attraverso di noi si deve passare. Si rassegni chi continua a storcere il naso. L’Italia è da sempre un crocevia per conformazione geografica, ma dai nuovi arrivati, ripercorrendo 2000 anni di storia, ha sempre ricavato linfa nuova per migliorare, capacità di trarre il meglio delle culture. Chiudersi è impossibile e non serve a nulla. Ormai non siamo più un sistema monoculturale e non lo saremo mai più». Oggi non hanno più senso le scuole di italiano che insegnano grammatica e vocaboli e basta: le lezioni devono diventare «momenti di vita insieme per imparare a condividere ciò che si ha, il tempo e l’esperienza. Chi ha provato sa che a imparare di più sono proprio i maestri».
Pensando al futuro Aldi sogna il cambiamento, magari una communitas fondata «su un patto di cittadinanza che sia indipendente da religione, fede, tradizioni, suolo e sangue, ma legata ai diritti e ai doveri. Dovranno essere garantiti spazi di laicità che salvaguardano i diritti di ogni religione e garantiti quelli costituzionali. A qualche cosa dovremo rinunciare noi e a qualcosa rinunceranno i nuovi arrivati: spetta ai nostri figli il difficile compito della negoziazione. È difficile, ma anche affascinante».