Portare lo spirito della pace dentro Expo, ricordando la grande preghiera di Assisi, voluta nel 1986 da San Giovanni Paolo II, e insieme guardare al futuro.
Mentre masse che ricordano gli esodi biblici, continuano ad affollare il Decumano, si muove la Marcia per la pace, simbolo del comune cammino e della condivisione in cui ogni religione autentica si riconosce. Promossi dal Padiglione della Santa Sede, con l’ausilio dell’Arcidiocesi di Milano, la Marcia e il successivo Convegno interreligioso, segnano l’evento conclusivo della presenza appunto della Santa Sede in Expo. La piccola processione, che si avvia sull’asse dell’Esposizione, porta i rappresentanti delle fedi aderenti al Forum delle Religioni di Milano nel cuore di Expo, tra tanta gente, colori, nazioni: c’è chi fotografa, chi guarda con compiacimento, chi legge la parola ‘pace’ e dice ‘speriamo’, chi vede gli abiti tradizionali delle religioni orientali e, incuriosito, si accoda. In prima fila, con lo striscione che recita “Insieme per la vita della città”, ci sono buddisti, induisti, cattolici, protestanti, ortodossi, musulmani, ebrei, tanta gente. Si arriva al Conference Centre, dove un minuto di silenzio – dopo il frastuono del Decumano – pare essere il segno vivo di una riflessione e di un ringraziamento a Dio per essere insieme a parlare di fede e di pace.
Sul filo di alcuni brani dell’Enciclica “Laudato si'”, si disegnano, così, cinque ambiti, descritti dal Vicario episcopale monsignor Luca Bressan, in cui declinare il tema del Convegno, “Le religioni cibo dello Sprito”, utilizzando anche differenti codici espressivi. Come fa la rappresentante della tradizione induista, con l’intervento di Svamini Shuddhananda Giri, che illustra il rapporto Uomo-Dio, attraverso una danza eseguita da una religiosa Svamini Atmananda Giri, appartenente a un antichissimo ordine monastico. Danza, insomma, come forma di preghiera e ingresso nel rapporto con il divino, attraverso il corpo. «L’uomo, nonostante la sua pochezza, ha il compito di governare, non dominare, non appropriarsi dell’opera del Signore. Governare vuol dire fare sì che ciò che si governa funzioni. È un compito di grande responsabilità, perché questo universo è opera del Signore e di tutto – miliardi di creature diverse – dobbiamo assumerci l’onere e la meraviglia», scandisce Rav Elia Richetti, affrontando il rapporto Uomo-creato, dopo il canto del Salmo 8.«Salmo che bene esprime tutta l’ammirazione di fronte alla Creazione».
Il pastore della Chiesa Evangelica Valdese, Giuseppe Platone, affronta, invece, il legame Uomo-lavoro, attraverso l’arte di Van Gogh, «il contenuto dei suoi dipinti, la sua storia, ciò a cui rimanda, ciò che vi leggiamo. «Questo mancato Pastore è stato un “protestante francescano”, come lo ha definito lo studioso De Robertis, un uomo capace di vivere l’essenziale e che ha còlto la fatica dell’uomo per avere il suo cibo; un credente tormentato che ha tentato di testimoniare il suo amore per Dio descrivendo la fatica quotidiana e la bellezza della natura, il lavoro della terra».
Mouelhi Mohsen, della Confraternita Jerrahi Halveti, isi sofferma, in modo particolarmente suggestivo, sul tema del rapporto Uomo-uomini; «Dio manda i profeti per salvare gli uomini».
Ma quale la missione dell’uomo oggi? Non certo solo bere o mangiare, ma nutrire lo spirito, suggerisce il rappresentante dell’Islam. «Comportati da uomo, a favore di tutta l’umanità. Nel Corano ci sono ventisette profeti, a quattro si allude, ma moltissime altre figure sono indicate, perché ognuno possa vederle come stelle polari per gente smarrita. Uomini illuminati dalla luce di Dio». E cita Moshen, Gandhi, madre Teresa di Calcutta, Martin Luther King, monsignor Romero, papa Francesco. «Vorrei anche parlare di un extra-comunitario come me, Sant’Agostino. Se Gesù volesse portare oggi la sua mamma qui, avrebbe bisogno del ricongiungimento familiare e non glielo concederebbero, perché per molti sarebbe un sobillatore. Basta andare alla Stazione centrale di Milano e vedere i profughi o guardare le zattere: sono segnali che Dio ci manda, non manda più profeti: tocca a noi interpretare i suoi segni, di fronte a chi ha fame o non ha casa»
Infine, il tema Uomo-corpo, approfondito mostrando, con l’ausilio delle immagini e delle parole dei Sutra, la spiritualità legata al cibo espressa dai monaci buddhisti di diverse tradizioni a partire dagli insegnamenti di Buddha Shakyamuni. Da qui la riflessione di Elena Jigetsu Ciocca, Dojo Zen Higan – L’Altra Riva: «Lo spirito che ha animato l’evento è quello di una condivisione vòlta a generare una maggiore comprensione reciproca e scoprire con l’ausilio dell’espressione non verbale affinità profonde che sono emblema di pace».