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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Esortazione

“Verbum Domini”, parola definitiva

Da annunciare con lo stile di Cristo

di Bruno MAGGIONI Redazione

19 Novembre 2010

L’esortazione apostolica postsinodale sulla Parola di Dio porta il titolo Verbum Domini, un evidente richiamo alla costituzione conciliare Dei Verbum. Un documento da leggere con attenzione e con gratitudine. La Parola di Dio ritrova qui nuovamente tutta la sua importanza teologica e pastorale. E anche la sua bellezza, la sua capacità di stupire, la sua perenne novità e, quindi, la sua essenzialità per la vita cristiana e per la missione della Chiesa. Ci viene ricordato che la Parola, come sempre e oggi più che mai, non può essere trascurata, né semplicemente ridotta a corollario o ad abbellimento. E questo vale per tutte le forme dell’esistenza cristiana e per tutte le funzioni della pastorale. Il discorso di questo documento postsinodale è ampio e tocca tutti gli aspetti della vita della Chiesa: la Parola nel dialogo fra Dio e l’uomo, la Parola nella Chiesa, la Parola nel mondo. Confesso che nella lettura di questa esortazione postsinodale ho rinnovato lo stesso entusiasmo che ho provato nella lettura della Dei Verbum nell’immediato dopo Concilio. Sono convinto che questa esortazione servirà molto a ringiovanire la comunità cristiana, che oggi rischia di disperdersi in troppe direzioni, certo tutte importanti, ma che possono mettere in ombra il centro.
Naturalmente non mi è possibile enunciare qui tutti gli aspetti che ho trovato molto interessanti. Ogni lettore è in grado di ritrovarli da solo. Mi basta sottolineare alcuni aspetti che personalmente ritengo i più significativi, capaci di ringiovanirci. Lo scopo che mi prefiggo è quello indicato dallo stesso documento: «Mediante questa esortazione apostolica desidero che le acquisizioni del Sinodo influiscano efficacemente sulla vita della Chiesa: sul personale rapporto con le Sacre Scritture, sulla loro interpretazione nella liturgia e nella catechesi come anche nella ricerca scientifica, affinché la Bibbia non rimanga una Parola del passato, ma una Parola viva e attuale» (n. 5).
La scelta di approfondire i risultati del Sinodo sulla Parola facendo riferimento costante al Prologo del Vangelo di Giovanni è per me una scelta fra le più importanti e delle più ricche di conseguenze. Si legga il n. 10: «Chi conosce la divina Parola conosce pienamente anche il significato di ogni creatura. Se tutte le cose, infatti, sussistono in Colui che è prima di tutte le cose (cfr. Col 1,17), allora chi costruisce la propria Parola edifica veramente in modo solido e duraturo. La Parola di Dio ci spinge a cambiare il nostro concetto di realismo: realista è chi riconosce nel Verbo di Dio il fondamento di tutto». E si veda anche quanto è affermato nel n. 6: «Dio si fa conoscere a noi come mistero di amore infinito in cui il Padre dall’eternità esprime la sua Parola nello Spirito Santo. Perciò il Verbo, che dal principio è presso Dio ed è Dio, ci rivela Dio stesso nel dialogo d’amore tra le Persone divine e ci invita a partecipare a esso. Pertanto, fatti a immagine e somiglianza di Dio amore, possiamo comprendere noi stessi soltanto nell’accoglienza del Verbo e nella docilità all’opera dello Spirito Santo. È alla luce della Rivelazione operata dal Verbo divino che si chiarisce definitivamente l’enigma della condizione umana».
Al centro di tutto il discorso, poi, si deve porre un’altra affermazione di primaria importanza: «La Parola eterna che si esprime nella creazione e che si comunica nella storia della salvezza è diventata in Cristo un uomo, nato da donna (Gal 4,4). La Parola qui non si esprime anzitutto in un discorso, in concetti o regole. Qui siamo posti di fronte alla persona stessa di Gesù. La sua storia unica e singolare è la Parola definitiva che Dio dice all’umanità». Importante è certamente ciò che Gesù ha detto, ma importante anche come ce lo ha detto. E importante è la sua vita e i suoi gesti. In una parola non solo la Parola di Dio in Gesù è da ascoltare, ma da vedere. Importante è certamente il che cosa, ma anche il come. Questo deve essere anche la Parola che la Chiesa annuncia al mondo.
Le cose interessanti sono anche altre, certo, per esempio: «Che Dio parla anche nel suo silenzio» (n. 21): «Procedendo nell’obbedienza fino all’estremo alito di vita, nell’oscurità della morte, Gesù ha invocato il Padre. A Lui si è affidato nel momento del passaggio… Questa esperienza di Gesù è indicativa della situazione dell’uomo che, dopo aver ascoltato e riconosciuto la Parola di Dio, deve misurarsi anche con il suo silenzio» (n. 21).
Non va certo trascurata l’affermazione che fra Dio e l’uomo si instaura un dialogo di amore che comporta la libertà. «Ogni uomo appare come il destinatario della Parola, interpellato e chiamato a entrare in tale dialogo d’amore con una risposta libera». La Parola di Dio non ha bisogno di altri strumenti per mostrarsi, per convincere: ha in se stessa la trasparenza dell’amore di Dio. E giustamente il documento afferma che «è decisivo, dal punto di vista pastorale, presentare la Parola di Dio nella sua capacità di dialogare con i problemi che l’uomo deve affrontare nella vita quotidiana. Mi permetto di sottolineare che è importante che l’annuncio anche oggi al mondo obbedisca non solo a ciò che Cristo ha detto, ma allo stile con cui l’ha detto. Non c’è bisogno di rafforzare la Parola con altre accorgimenti».
Naturalmente gli aspetti importanti del documento sono anche altri. Esegesi e storia, fede e ragione, la lectio divina, e altre ancora. Ma nella mia presentazione mi fermo qui, convinto di aver detto qualcosa che sta al centro di tutto. L’esortazione apostolica postsinodale sulla Parola di Dio porta il titolo Verbum Domini, un evidente richiamo alla costituzione conciliare Dei Verbum. Un documento da leggere con attenzione e con gratitudine. La Parola di Dio ritrova qui nuovamente tutta la sua importanza teologica e pastorale. E anche la sua bellezza, la sua capacità di stupire, la sua perenne novità e, quindi, la sua essenzialità per la vita cristiana e per la missione della Chiesa. Ci viene ricordato che la Parola, come sempre e oggi più che mai, non può essere trascurata, né semplicemente ridotta a corollario o ad abbellimento. E questo vale per tutte le forme dell’esistenza cristiana e per tutte le funzioni della pastorale. Il discorso di questo documento postsinodale è ampio e tocca tutti gli aspetti della vita della Chiesa: la Parola nel dialogo fra Dio e l’uomo, la Parola nella Chiesa, la Parola nel mondo. Confesso che nella lettura di questa esortazione postsinodale ho rinnovato lo stesso entusiasmo che ho provato nella lettura della Dei Verbum nell’immediato dopo Concilio. Sono convinto che questa esortazione servirà molto a ringiovanire la comunità cristiana, che oggi rischia di disperdersi in troppe direzioni, certo tutte importanti, ma che possono mettere in ombra il centro.Naturalmente non mi è possibile enunciare qui tutti gli aspetti che ho trovato molto interessanti. Ogni lettore è in grado di ritrovarli da solo. Mi basta sottolineare alcuni aspetti che personalmente ritengo i più significativi, capaci di ringiovanirci. Lo scopo che mi prefiggo è quello indicato dallo stesso documento: «Mediante questa esortazione apostolica desidero che le acquisizioni del Sinodo influiscano efficacemente sulla vita della Chiesa: sul personale rapporto con le Sacre Scritture, sulla loro interpretazione nella liturgia e nella catechesi come anche nella ricerca scientifica, affinché la Bibbia non rimanga una Parola del passato, ma una Parola viva e attuale» (n. 5).La scelta di approfondire i risultati del Sinodo sulla Parola facendo riferimento costante al Prologo del Vangelo di Giovanni è per me una scelta fra le più importanti e delle più ricche di conseguenze. Si legga il n. 10: «Chi conosce la divina Parola conosce pienamente anche il significato di ogni creatura. Se tutte le cose, infatti, sussistono in Colui che è prima di tutte le cose (cfr. Col 1,17), allora chi costruisce la propria Parola edifica veramente in modo solido e duraturo. La Parola di Dio ci spinge a cambiare il nostro concetto di realismo: realista è chi riconosce nel Verbo di Dio il fondamento di tutto». E si veda anche quanto è affermato nel n. 6: «Dio si fa conoscere a noi come mistero di amore infinito in cui il Padre dall’eternità esprime la sua Parola nello Spirito Santo. Perciò il Verbo, che dal principio è presso Dio ed è Dio, ci rivela Dio stesso nel dialogo d’amore tra le Persone divine e ci invita a partecipare a esso. Pertanto, fatti a immagine e somiglianza di Dio amore, possiamo comprendere noi stessi soltanto nell’accoglienza del Verbo e nella docilità all’opera dello Spirito Santo. È alla luce della Rivelazione operata dal Verbo divino che si chiarisce definitivamente l’enigma della condizione umana».Al centro di tutto il discorso, poi, si deve porre un’altra affermazione di primaria importanza: «La Parola eterna che si esprime nella creazione e che si comunica nella storia della salvezza è diventata in Cristo un uomo, nato da donna (Gal 4,4). La Parola qui non si esprime anzitutto in un discorso, in concetti o regole. Qui siamo posti di fronte alla persona stessa di Gesù. La sua storia unica e singolare è la Parola definitiva che Dio dice all’umanità». Importante è certamente ciò che Gesù ha detto, ma importante anche come ce lo ha detto. E importante è la sua vita e i suoi gesti. In una parola non solo la Parola di Dio in Gesù è da ascoltare, ma da vedere. Importante è certamente il che cosa, ma anche il come. Questo deve essere anche la Parola che la Chiesa annuncia al mondo.Le cose interessanti sono anche altre, certo, per esempio: «Che Dio parla anche nel suo silenzio» (n. 21): «Procedendo nell’obbedienza fino all’estremo alito di vita, nell’oscurità della morte, Gesù ha invocato il Padre. A Lui si è affidato nel momento del passaggio… Questa esperienza di Gesù è indicativa della situazione dell’uomo che, dopo aver ascoltato e riconosciuto la Parola di Dio, deve misurarsi anche con il suo silenzio» (n. 21).Non va certo trascurata l’affermazione che fra Dio e l’uomo si instaura un dialogo di amore che comporta la libertà. «Ogni uomo appare come il destinatario della Parola, interpellato e chiamato a entrare in tale dialogo d’amore con una risposta libera». La Parola di Dio non ha bisogno di altri strumenti per mostrarsi, per convincere: ha in se stessa la trasparenza dell’amore di Dio. E giustamente il documento afferma che «è decisivo, dal punto di vista pastorale, presentare la Parola di Dio nella sua capacità di dialogare con i problemi che l’uomo deve affrontare nella vita quotidiana. Mi permetto di sottolineare che è importante che l’annuncio anche oggi al mondo obbedisca non solo a ciò che Cristo ha detto, ma allo stile con cui l’ha detto. Non c’è bisogno di rafforzare la Parola con altre accorgimenti».Naturalmente gli aspetti importanti del documento sono anche altri. Esegesi e storia, fede e ragione, la lectio divina, e altre ancora. Ma nella mia presentazione mi fermo qui, convinto di aver detto qualcosa che sta al centro di tutto.