“Servire Dio e l’uomo nel nome di Cristo”. Benedetto XVI vede così l’impegno abituale che la Chiesa italiana conduce nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti. Lo dice davanti a una piazza San Pietro incapace di contenere tutti, domenica scorsa, per la commovente manifestazione di solidarietà e di affetto promossa dalle aggregazioni laicali. E facilmente lo ripeterà fra pochi giorni, incontrando i vescovi della Conferenza episcopale riuniti in assemblea, dal 24 al 28 maggio, per approvare gli orientamenti pastorali del prossimo decennio sull’educazione. “Servire Dio e l’uomo nel nome di Cristo”: non è forse questa la radice dell’impegno formativo portato avanti con gratuità e fatica nelle comunità cristiane?
È passato un anno da quando i vescovi indicarono il tema; adesso è il momento di dare seguito a quella scelta pubblicando un documento che accompagni nella verifica e nel rinnovamento dei percorsi educativi. Allora il cardinale Bagnasco, introducendo i lavori assembleari, aveva richiamato l’atteggiamento di rinuncia che caratterizza molti genitori e insegnanti, così come la serietà della posta in gioco: la felicità delle giovani generazioni e il bene della società. Ora è il tempo della fiducia, dell’intelligenza e della passione educativa. E delle “alleanze” con tutti coloro che hanno a cuore il futuro dell’uomo e della nostra storia.
In questi mesi, in realtà, le riflessioni non sono mancate. Sull’educazione si trovano pagine importanti già nel documento “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e mezzogiorno” e nel testo preparatorio della prossima Settimana sociale, diffuso appena qualche giorno fa. Nell’agenda ecclesiale italiana educare è una priorità ineludibile, una declinazione della missione, un servizio che viene da lontano. Una sfida, per dirla col rapporto-proposta pubblicato dal Comitato per il progetto culturale. Perché il problema dell’educazione è in realtà il problema dell’essere uomo nella società di oggi.
È uno snodo delicato, dunque, quello in cui i cattolici italiani scelgono di restare e di procedere; un terreno minato in cui non mancano le diversità di approccio, le delusioni e i rischi di fallimento, ma anche gli spazi per nuovi incontri e collaborazioni. Dentro e fuori le mura di casa. Si tratta certo di una strada obbligata, dopo che il quarto convegno ecclesiale nazionale, celebrato a Verona nel 2006, ha visto i cattolici italiani concordi nel dire che la parola cristiana ha bisogno oggi dell’alfabeto della vita affettiva, del lavoro e della festa, della fragilità, del dialogo intergenerazionale, della cittadinanza.
Un documento di prospettive pastorali, come quello che uscirà dalla prossima assemblea dei vescovi, non è un prontuario di risposte o di regole da applicare quando suona l’allarme. Né dispensa dalla fatica di continuare a pensare, di verificarsi con umiltà e di progettare localmente. Si offre, prima di tutto, come una testimonianza di comunione ecclesiale: la Chiesa italiana, nella sua articolazione e pluralità, sa sincronizzare gli intenti e far convergere gli sforzi. Guarda alla vita delle persone e dei territori con lo stesso sguardo di vicinanza partecipe e responsabilità operosa. Altre carte da leggere e citare? Mettiamola così: una mappa per un nuovo tratto di cammino da fare insieme. “Servire Dio e l’uomo nel nome di Cristo”. Benedetto XVI vede così l’impegno abituale che la Chiesa italiana conduce nelle parrocchie, nelle associazioni e nei movimenti. Lo dice davanti a una piazza San Pietro incapace di contenere tutti, domenica scorsa, per la commovente manifestazione di solidarietà e di affetto promossa dalle aggregazioni laicali. E facilmente lo ripeterà fra pochi giorni, incontrando i vescovi della Conferenza episcopale riuniti in assemblea, dal 24 al 28 maggio, per approvare gli orientamenti pastorali del prossimo decennio sull’educazione. “Servire Dio e l’uomo nel nome di Cristo”: non è forse questa la radice dell’impegno formativo portato avanti con gratuità e fatica nelle comunità cristiane?È passato un anno da quando i vescovi indicarono il tema; adesso è il momento di dare seguito a quella scelta pubblicando un documento che accompagni nella verifica e nel rinnovamento dei percorsi educativi. Allora il cardinale Bagnasco, introducendo i lavori assembleari, aveva richiamato l’atteggiamento di rinuncia che caratterizza molti genitori e insegnanti, così come la serietà della posta in gioco: la felicità delle giovani generazioni e il bene della società. Ora è il tempo della fiducia, dell’intelligenza e della passione educativa. E delle “alleanze” con tutti coloro che hanno a cuore il futuro dell’uomo e della nostra storia.In questi mesi, in realtà, le riflessioni non sono mancate. Sull’educazione si trovano pagine importanti già nel documento “Per un Paese solidale. Chiesa italiana e mezzogiorno” e nel testo preparatorio della prossima Settimana sociale, diffuso appena qualche giorno fa. Nell’agenda ecclesiale italiana educare è una priorità ineludibile, una declinazione della missione, un servizio che viene da lontano. Una sfida, per dirla col rapporto-proposta pubblicato dal Comitato per il progetto culturale. Perché il problema dell’educazione è in realtà il problema dell’essere uomo nella società di oggi.È uno snodo delicato, dunque, quello in cui i cattolici italiani scelgono di restare e di procedere; un terreno minato in cui non mancano le diversità di approccio, le delusioni e i rischi di fallimento, ma anche gli spazi per nuovi incontri e collaborazioni. Dentro e fuori le mura di casa. Si tratta certo di una strada obbligata, dopo che il quarto convegno ecclesiale nazionale, celebrato a Verona nel 2006, ha visto i cattolici italiani concordi nel dire che la parola cristiana ha bisogno oggi dell’alfabeto della vita affettiva, del lavoro e della festa, della fragilità, del dialogo intergenerazionale, della cittadinanza.Un documento di prospettive pastorali, come quello che uscirà dalla prossima assemblea dei vescovi, non è un prontuario di risposte o di regole da applicare quando suona l’allarme. Né dispensa dalla fatica di continuare a pensare, di verificarsi con umiltà e di progettare localmente. Si offre, prima di tutto, come una testimonianza di comunione ecclesiale: la Chiesa italiana, nella sua articolazione e pluralità, sa sincronizzare gli intenti e far convergere gli sforzi. Guarda alla vita delle persone e dei territori con lo stesso sguardo di vicinanza partecipe e responsabilità operosa. Altre carte da leggere e citare? Mettiamola così: una mappa per un nuovo tratto di cammino da fare insieme.
Verso l'assemblea Cei
Chiesa ed educazione, la posta in gioco
Gli orientamenti pastorali per il prossimo decennio
di Ernesto DIACO Redazione
21 Maggio 2010