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"Lettera alle famiglie nella prova"

Tettamanzi: «Nella malattia vedo tanta dignità e coraggio»

L'Arcivescovo ha presentato la sua nuova lettera "Eppure tu vedi l'affanno e il dolore" all'Istituto dei tumori e l'ha distribuita ad ammalati, medici e infermieri. Pubblicata in 100 mila copie è in vedita da oggi

Luisa BOVE Redazione

2 Febbraio 2009

A pochi giorni dalla giornata mondiale del malato il cardinale Dionigi Tettamanzi presenta all’Istituto dei tumori di Milano la sua nuova lettera “Eppure tu vedi l’affanno e il dolore” (in vendita da oggi a 1 euro e pubblicata in 100 mila copie). Il testo è rivolto alle famiglie nella prova, già l’anno scorso l’Arcivescovo aveva scritto “agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione”. Questa volta guarda alla sofferenza e alla malattia che spesso colpiscono le famiglie e immagina tre situazioni: una mamma malata, una nonna anziana e non sempre lucida, una coppia con un figlio disabile. Di fronte a queste fatiche, ammette Tettamanzi, le famiglie rischiano di «essere lasciate sole». Per questo ha voluto scrivere una lettera, «per essere vicino» a tutte le persone che devono affrontare situazioni pesanti.

«Èuna lettera profondamente umana», spiega l’Arcivescovo. Spesso quando visita le parrocchie incontra famiglie provate, persone che gli confidano i loro drammi e che gli chiedono una preghiera. «La prova cambia le persone in profondità – dice l’Arcivescovo -, modificando anche il rapporto con gli altri, con la famiglia e gli ambienti di vita».

Spesso chi vive nella sofferenza «rischia di chiudersi in se stesso e non vuole condividere con gli altri il suo dolore e paradossalmente vuole restare solo». Non ha dubbi l’Arcivescovo: ci vuole «coraggio, umiltà e saggezza» per chiedere aiuto agli altri. Ma spesso lui stesso rimane colpito «dal senso di dignità» con cui certe persone affrontano la malattia.

Nei momenti di prova, continua l’Arcivescovo, anche l’atteggiamento nei confronti di Dio può essere diverso, c’è chi lo rifiuta e chi lo cerca. «A volte le prove diventano occasione di purificazione e maturazione umana», insiste il cardinal Tettamanzi. A pochi giorni dalla giornata mondiale del malato il cardinale Dionigi Tettamanzi presenta all’Istituto dei tumori di Milano la sua nuova lettera “Eppure tu vedi l’affanno e il dolore” (in vendita da oggi a 1 euro e pubblicata in 100 mila copie). Il testo è rivolto alle famiglie nella prova, già l’anno scorso l’Arcivescovo aveva scritto “agli sposi in situazione di separazione, divorzio e nuova unione”. Questa volta guarda alla sofferenza e alla malattia che spesso colpiscono le famiglie e immagina tre situazioni: una mamma malata, una nonna anziana e non sempre lucida, una coppia con un figlio disabile. Di fronte a queste fatiche, ammette Tettamanzi, le famiglie rischiano di «essere lasciate sole». Per questo ha voluto scrivere una lettera, «per essere vicino» a tutte le persone che devono affrontare situazioni pesanti.«Èuna lettera profondamente umana», spiega l’Arcivescovo. Spesso quando visita le parrocchie incontra famiglie provate, persone che gli confidano i loro drammi e che gli chiedono una preghiera. «La prova cambia le persone in profondità – dice l’Arcivescovo -, modificando anche il rapporto con gli altri, con la famiglia e gli ambienti di vita».Spesso chi vive nella sofferenza «rischia di chiudersi in se stesso e non vuole condividere con gli altri il suo dolore e paradossalmente vuole restare solo». Non ha dubbi l’Arcivescovo: ci vuole «coraggio, umiltà e saggezza» per chiedere aiuto agli altri. Ma spesso lui stesso rimane colpito «dal senso di dignità» con cui certe persone affrontano la malattia.Nei momenti di prova, continua l’Arcivescovo, anche l’atteggiamento nei confronti di Dio può essere diverso, c’è chi lo rifiuta e chi lo cerca. «A volte le prove diventano occasione di purificazione e maturazione umana», insiste il cardinal Tettamanzi. C’è una legge “superiore” Èuna lettera toccante, quasi commovente quella scritta dall’Arcivescovo e che l’attore Mario Bertasa ha ben interpretato leggendo qualche pagina durante la conferenza stampa. Inevitabile da parte dei giornalisti la domanda sul “caso” («un termine brutto» per l’Arcivescovo) di Eluana Englaro che il Cardinale non ha esitato a definire di «accanimento mediatico». Ci sono «di mezzo persone che soffrono» e «valori che riguardano la società, la cultura, la fede».Eppure non mancano nelle famiglie, negli ospedali e in diverse strutture «attenzione, cura, solidarietà, impegno e generosità» verso gli ammalati. «Esistono casi estremi – ammette Tettamanzi -, ma nel tessuto sociale del nostro Paese il valore della vita, della prova, della sofferenza sono una realtà, con esempi di generosità, pazienza e spirito di servizio fino all’eroismo». E ancora sulla situazione di Eluana dice: «Ci troviamo di fronte a una persona umana, viva con diritti che devono essere garantiti, tanto più se si presentano come diritti deboli». Per l’Arcivescovo esiste una legge “superiore”, scritta da Dio, «stampata nel cuore di ogni uomo e di ogni donna e che parla di difesa, di rispetto e di promozione di vita».

L'Arcivescovo all'Istituto dei tumori saluta una paziente