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«Il peccato non sta nell’abbondanza dei beni, ma in coloro che non sanno usarli; infatti se le ricchezze sono un ostacolo per i malvagi, per i buoni sono un aiuto alla virtù». Queste parole di Sant’Ambrogio, tratte dalla Esposizione del Vangelo secondo Luca – scritta con ogni probabilità tra il 389 e il 390 d.C. -, costituiscono ancora per noi, oggi, un utile punto di riferimento per illustrare il senso e l’importanza della formazione di “buoni” economi. Sono “buoni” se sanno usare i beni a favore dell’esercizio della virtù e per l’edificazione di un’autentica vita cristiana. È una “bontà»”, quindi, che non si qualifica solo per i sentimenti e gli affetti, ma che si esprime anche attraverso lo sforzo di conoscere con chiarezza e precisione la verità, di esercitare con prudenza e attenzione la propria libertà, di dedicarsi con impegno all’acquisizione delle competenze necessarie. In una parola: il “buon” economo racchiude in sé molte delle virtù che costituiscono una vera vita cristiana.
Per questo motivo, la formazione di un “buon” economo non si improvvisa. Richiede un cammino tanto articolato e complesso quanto quello di una vita cristiana. Al termine di quel cammino, però, si potrà dire di lui quello che il redattore finale del libro dei Proverbi dice, a conclusione della propria opera, della donna virtuosa, modello di ogni uomo veramente sapiente: «Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città» (Prov 31,31). «Il peccato non sta nell’abbondanza dei beni, ma in coloro che non sanno usarli; infatti se le ricchezze sono un ostacolo per i malvagi, per i buoni sono un aiuto alla virtù». Queste parole di Sant’Ambrogio, tratte dalla Esposizione del Vangelo secondo Luca – scritta con ogni probabilità tra il 389 e il 390 d.C. -, costituiscono ancora per noi, oggi, un utile punto di riferimento per illustrare il senso e l’importanza della formazione di “buoni” economi. Sono “buoni” se sanno usare i beni a favore dell’esercizio della virtù e per l’edificazione di un’autentica vita cristiana. È una “bontà»”, quindi, che non si qualifica solo per i sentimenti e gli affetti, ma che si esprime anche attraverso lo sforzo di conoscere con chiarezza e precisione la verità, di esercitare con prudenza e attenzione la propria libertà, di dedicarsi con impegno all’acquisizione delle competenze necessarie. In una parola: il “buon” economo racchiude in sé molte delle virtù che costituiscono una vera vita cristiana.Per questo motivo, la formazione di un “buon” economo non si improvvisa. Richiede un cammino tanto articolato e complesso quanto quello di una vita cristiana. Al termine di quel cammino, però, si potrà dire di lui quello che il redattore finale del libro dei Proverbi dice, a conclusione della propria opera, della donna virtuosa, modello di ogni uomo veramente sapiente: «Siatele riconoscenti per il frutto delle sue mani e le sue opere la lodino alle porte della città» (Prov 31,31).