22/07/2008
di don Umberto BORDONI
La giornata a Barranca inizia per il Cardinale con una veloce visita, insieme al vescovo, alla scuola diocesana Martin de Porres. Tanto entusiasmo, la sorpresa di uno stravagante gruppo canoro messicano che sbuca nel cortile con tanto di costumi , poi la banda della scuola materna e un ragazzino, anche lui in abiti tradizionali, che canta in onore degli ospiti.
Quando l’Arcivescovo salutando accenna ad uscire dal collegio, la situazione sfugge di mano alle insegnanti – addirittura alla "directora" – e i ragazzi assalgono il Cardinale, chiedendo una carezza, una benedizione, i piu’ fortunati un bacio.
Ormai nel pomeriggio, dopo i colloqui con i fidei donum, venti minuti buoni di strada sterrata attraverso i campi conducono dalla parrocchia di Barranca al Primero de Mayo, un "asientamento humano" – cosi’ chiamano gli accampamenti abusivi – che da poco piu’ di due anni e’ sorto in mezzo al deserto, a ridosso del canale, vera fonte di vita per questa gente e per la vicina azienda agricola. Il contrasto anche qui e’ stridente: da una parte sabbia, polvere e deserto inanimato, dall’altra, dove giunge acqua, coltivazioni rigogliose che grazie al clima danno raccolto in ogni stagione dell’anno.
L’insieme disordinato di baracche di stuoia e’ addossato alla duna di sabbia. In cima, ancora fresca di costruzione – solo qualche mese -, si staglia la Cappella di San Jose’. A distinguerla dalle altre abitazioni solo il colore dell’intonaco e la croce che svetta in alto. I ragazzi, con le bandiere dell’Italia e del Peru’, attendono in prossimita’ della strada, tutti schierati. Gli adulti, soprattutto donne, qualcuna con il figlioletto al collo, attendono piu’ dietro, quasi con timore. Gli uomini sono al lavoro, nei campi, presi a giornata fin dall’alba, se hanno avuto fortuna…
"Benvenuto Cardinale" si legge sui cartelli che i ragazzini reggono con fierezza, mentre in corteo guidano il Cardinale su fino alla Cappella. E l’italiano, con sorpresa, spunta di nuovo nelle parole di un altro ragazzo che presenta una canzone, eseguita poi insieme: "Amo l’Italia". Qui non c’e’ corrente elettrica, se non con i generatori, non c’e’ acqua se non quella del canale, eppure il primo canto che viene intonato dice tutto l’amore per il Peru’: "vivo in un pais maravilloso".
Non si aspettavano certo questa sistemazione gli immigrati di Primero de Mayo quando pieni di speranza dalle montagne della Sierra sono scesi sulla costa.
Don Alberto legge il Vangelo: parla del granello di senapa, che e’ piu’ piccolo di ogni altro seme, ma poi diventa un grande albero, e il sacerdote commenta e riconosce che il regno di Dio e’ in mezzo a questa gente, e’ nei loro cuori se si aprono all’ascolto della parola di Dio, alla luce e alla forza dello Spirito Santo.
Il Cardinale ascolta, trova parole semplici e di vera consolazione, poi da’ la benedizione e saluta ciascuno; intanto si canta, si fa festa, mentre si scattano molte foto. Tanta poverta’, ma non mancano i cellulari con cui immortalare l’incontro e le antenne della televisione spuntano sopra gli improvvisati tetti. Il parroco da’ gli avvisi. Qui oltre alle baracche c’e’ solo la Chiesa.
Presto, giu’ in parrocchia, aprira’ una farmacia per sopperire al prezzo troppo alto delle medicine. Tre suore, Oblate Salesiane del Sacro Cuore, ogni sabato vengono qui e nei due villaggi vicini di Santa Helena e Chiu Chiu per la catechesi. La Messa invece solo una volta al mese: sono molti gli asentamientos humanos e la parrocchia e’ davvero vasta.
Rientrato in parrocchia ormai all’imbrunire, l’Arcivescovo celebra nella Chiesa del Signore della Resurrezione la Messa di S. Maria di Magdala. Questa donna, cosí amata dal Signore, è per il Cardinale il modello dell’umanitá alla ricerca di Dio, ma anche, insieme a Pietro e Giovanni, l’emblema di una comunitá che desidera testimoniare con forza e con gioia la risurrezione del Signore.
Mentre a sera inoltrata si rientra a Huacho sulla panamericana, tornano alla mente le parole della segretaria del consiglio pastorale di Barranca: "Eminenza, puó tornare tranquillamente a Milano, perché don Alberto, Clara, Simone e Francesco sono in buone mani".