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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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In Camerun, a settantacinque anni

Dopo essere stato coadiutore e parroco in diverse località della diocesi, don Adriano Cucco ha chiesto di essere destinato alla diocesi di Mbalmayo, in una sede del Coe, per «dare una mano dove c'è bisogno»

15 Luglio 2008

15/07/2008

di Cristina CONTI

Una vita dedicata al prossimo. Ovunque e in qualunque situazione. Questa la storia di don Adriano Cucco, 75 anni. L’1 novembre 2007 è stato nominato fidei donum e destinato alla diocesi di Mbalmayo in Camerun, in una sede del Coe (Centro Orientamento Educativo), l’ong di Barzio punto di riferimento nel Paese africano.

Parlare con lui è davvero difficile. Le sue giornate sono molto piene. Fa piccoli lavoretti nella scuola locale, assiste i malati, va a trovare i più gravi in ospedale. Mette la sua vita a servizio della comunità locale. «Potevo chiedere di essere trasferito in un’altra parrocchia milanese. Invece ho scelto di venire qui», racconta.

Dopo essere stato coadiutore e parroco a Cologno Monzese, ha girato in diverse parrocchie della diocesi: Giambellino, Concorezzo, Quarto Oggiaro. Alla fine, quando molti scelgono di avvicinarsi alla famiglia, lui ha preferito andare ancora più lontano. «Sono stato tre volte in vacanza in Camerun, la prima vent’anni fa – sottolinea -. Sono stato anche in Zaire. So quali sono i bisogni del territorio e conosco bene la situazione delle missioni. Così ho fatto domanda al cardinale Tettamanzi e lui ha accettato».

Una disponibilità totale al servizio dei più poveri e dei più deboli, in un periodo della vita in cui, di solito, si chiede aiuto agli altri. «Ho scelto di venire qui come fidei donum, non come parroco o come coadiutore, proprio per questo motivo: dare una mano là dove c’è bisogno. Senza una funzione specifica, ma pronto a fare la volontà di Dio dove è necessario», precisa.

La casa del Coe in cui vive è un edificio a tre piani con un bel giardino e un campo da basket con lo spazio per la pallavolo. Le stanze hanno il lavandino in camera, letti con lenzuola in cotone, comodino, luce, finestra con zanzariera. Prima di cena ogni sera si celebra una breve messa nella cappella della casa, rigorosamente in italiano, con canti camerunesi intonati a turno da tre ragazze soliste.

Questa struttura è di proprietà del Coe locale, un’associazione di laici volontari cristiani impegnati nella formazione per rendere la società più libera e solidale, rinnovata nella cultura. Riconosciuto organismo idoneo alla cooperazione con i Paesi in via di sviluppo, attiva e sostiene progetti di volontariato internazionale e opera in Italia per la formazione a una nuova mentalità interculturale e alla solidarietà.

«Avevo avuto modo di avvicinarmi a questa organizzazione in passato, quando sono venuto qui a trascorrere le vacanze – precisa don Cucco -. Mi sembrava bello mettere a disposizione la mia persona per tutte le necessità di questo posto. Spesso, per esempio, il parroco mi chiede di aiutarlo a confessare o di celebrare al suo posto la messa domenicale e io lo faccio molto volentieri».

Tra i progetti che il Coe sta portando avanti c’è quello sanitario, per istruire le giovani madri sieropositive su come prevenire la trasmissione del virus al bambino. Ma molto importante è anche l’istruzione interculturale. «L’incontro con altri popoli, infatti, fa maturare una nuova esigenza, quella del dialogo e dello scambio culturale – conclude -, che porta alla creazione di centri di vita comunitaria che possano davvero realizzarla».