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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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I marines “umanitari”

Una presenza militare che attua un piano di assistenza sanitaria

15 Luglio 2008

14/07/2008

di don Antonio COLOMBO
Fidei donum in Perù

Sessant’anni dopo incontro l’esercito americano! Sta nella mia mente di bambino il ricordo dell’aprile 1945, con i soldati inglesi e americani arrivati in Brianza e la mia paura nel toccare un carro armato bollente, mentre mi stringevo pallidissimo tra le braccia di mio papà Noè.

Nel porto di Huacho ha posto l’ancora l’immensa Uss Boxer, d ella Marina degli Stati Uniti, 40 mila tonnellate e mille militari a bordo. Niente guerra, niente paura, solo tanta speranza di essere tra i fortunati pazienti di questi “angeli dei poveri”, come intitola il servizio un giornale nazionale.

«In meno di 30 minuti e per la prima volta in vita sua, la 65enne Carmen Montoya gustò il volo in elicottero per farsi curare sulla nave americana. Lo stesso capitò a suo marito Santo Ortiz, operato di un’ernia in alto mare. Sono due delle migliaia di persone che hanno beneficiato del programma “Promessa continua 2008”, un piano di azioni umanitarie degli Stati Uniti con Perù, Guatemala ed El Salvador».

Per tre giorni la parrocchia della cattedrale è stata invasa da marines e pazienti, dandomi la possibilità di essere utile come traduttore inglese-spagnolo, con i medici impegnati a curare denti, occhi e diverse malattie sul posto, spedendo invece i casi gravi con gli elicotteri sulla nave-ospedale.

La conoscenza delle lingue davvero spalanca le porte, sblocca le tensioni e aiuta a scoprire i cammini dei popoli. Quanti di questi soldatini americani – orgogliosi di esserlo – sono nipoti di italiani, tedeschi, spagnoli, portoricani, filippini, messicani, peruviani, haitiani, salvadoregni, cubani…

Mi è piaciuto l’incontro con i cappellani dei marines, sia quello cattolico (5 anni di stanza a Sigonella), sia quello protestante, ricco di umorismo. Tutto il servizio è stato fatto con gentilezza, gratuità e alta professionalità.

Giorni di speranza, ma anche di tanta pena e sofferenza, perché migliaia di persone hanno ricevuto un aiuto e migliaia invece non sono riuscite a entrare. Tanta gente e «pochi operai per la messe», come dice il Vangelo. C’è chi si è piazzato davanti alla cattedrale alle quattro del pomeriggio per essere accolto alle otto del mattino dopo: tutta una notte lottando contro il freddo per conservare il posto, magari per la nipotina che ha gli occhi strabici o il nonno che soffre di appendicite. E quanta povertà emerge nel campo dell’assistenza medico-sanitaria!

Anche Miguel, nostro aiutante in parrocchia, ha chiesto due giorni di ferie per farsi togliere due denti: è riuscito a raggiungere i medici gringo e ora, più leggero e speranzoso, sta preparando la sua nuova casa di paglia e giunco sulla collina desertica che si affaccia sul Pacifico.

La nave ha lasciato il porto, ma tre giorni dopo si sentono ancora volare gli elicotteri per seguire alcuni tra gli interventi chirurgici più delicati.