26/08/2008
di Davide MILANI
D’improvviso svanisce la monotona foresta buia di betulle – tagliata solo dalla strada che per 300 chilometri corre ad est di Mosca – e appare un’isola dolce, dove il verde dei prati è trafitto dai “pifferi”, le caratteristiche cupole dolcemente incurvate con le quali terminano i campanili e le torri che svettano dai monasteri e dalle basiliche.
Suzdal è una città arricchita nei secoli e resa unica dalla fede cristiana. Emblematico è che per entrarvi si debba superare la porta d’oro, decorata da 48 composizioni in rame dorato a fuoco che illustrano altrettanti episodi dalla Sacra Scrittura.
Il pellegrino non può non cogliere l’evidente dimensione spirituale di questa città, dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità.
La visita dei sacerdoti milanesi al Monastero Spasso-Eufimievskij li conduce al cuore di questa porzione di cielo che la terra ha la fortuna di trattenere a se. Dire monastero è riduttivo: è un complesso di costruzioni ad accogliere i pellegrini e a fare percepire loro di essere entrati in un dimensione spirituale, celeste.
Al centro la Cattedrale della Trasfigurazione: il suo interno è completamente affrescato – colori caldi, vivi – ed è con sorpresa che ci si trova rapiti dalla meditazione dei misteri della salvezza che dalle pareti della Chiesa si offrono alla contemplazione.
Una meditazione che si alimenta anche dell’incontro – appena avvenuto – nella vicina e gloriosa città di Vladimir, dalla metà del XI secolo e per lungo tempo centro spirituale – e non solo – della Russia.
È qui che al mattino l’arcivescovo di Milano e gli 80 preti che lo accompagnano hanno conosciuto Evloghij, arcivescovo ortodosso di Vladimir.
Accoglie il gruppo nel cuore della chiesa da lui guidata: un complesso che al tempo stesso è monastero, curia e seminario. La sua Diocesi nei prossimi giorni festeggerà gli 850 anni dalla sua costituzione. Qui e nelle chiese del centro squadre di energiche donne spazzano, puliscono, imbiancano, lucidano per rendere ancora più solenni questi templi in vista della grande festa.
«Con tutti i monasteri della Diocesi siamo raccolti a convegno più volte in questi mesi – racconta Evloghij – e sempre ci siamo lasciati guidare da una domanda, una sola: Come salvare l’anima?».
Esordisce così, incontrando i sacerdoti ambrosiani, l’arcivescovo ortodosso di Vladimr. Il pensiero degli ospiti va a questi uomini di Dio che si interrogano – nei loro raduni periodici – sulla provocatoria domanda fondamentale appena ascoltata. Ma i pellegrini – non dimentichiamolo, parroci e coadiutori noti in tutto l’orbe terraqueo per il loro zelo pastorale – staranno sicuramente ricordando anche le loro riunioni periodiche in Diocesi, nei decanati, in parrocchia, dove spesso la domanda che li guida è meno “celeste”.
Come salvare l’anima?», ripete sua eminenza Evloghij. Nessuno – apparentemente – si aspetta dal serafico monaco-vescovo una ricetta pronta all’uso, ma lui alcuni requisiti fondamentali li offre alla condivisione. Il silenzio, anzitutto, che non è solo l’assenza di parole ma che è custodia del cuore. La semplicità come stile di vita. E l’azione del monaco colui che intercede presso il Signore. Per se, per la sua comunità, per la sua Chiesa, per tutto il territorio.
«Pregando lavoriamo per l’unità – confessa il monaco – dei nostri fedeli, delle nostre città, delle Chiese e di tutti gli uomini, affinché vi sia la pace».
Un desiderio che era diventato preghiera già al mattino, quando nella vicina chiesa cattolica il cardinale Tettamanzi, presiedendo l’Eucarestia, aveva invocato questo dono dal Signore.
Una preghiera che ciascuno dei pellegrini farà propria durante il giorno, apprendendo delle tensioni politiche e militari che proprio in quelle ore si stanno intensificando nei territori della Georgia.
«Le chiese sono fatte dagli uomini e dallo Spirito, non dalle pietre. Il cammino del dialogo e della comunione tra i cristiani passa quindi dalla preghiera e dagli uomini» dice l’arcivescovo cattolico di Milano all’omologo ortodosso di Vladimir quasi a suggellare il clima di cordialità e di reciproca venerazione. «Con la vostra visita siete giunti a noi come pane per la nostra anima, per la nostra fame di Dio e di unità» conclude Evloghij con il tono di voce e con lo sguardo di chi sembra già abitare il cielo.
Una percezione che ha segnato l’intera giornata dei pellegrini ambrosiani e che a Vladimir raggiunge l’apice alla vista delle scene bibliche che fittamente decorano l’esterno della cattedrale di san Dimitrji e – poco distante nella cattedrale dell’Assunzione – grazie alla soavità che infonde la scena (di per sé austera) del Giudizio Universale dipinto da Andrej Rubliov.
Forse questa grazia, questa armonia, questa bellezza sono la condizione, il prezzo, la via per salvare l’anima. Forse a questo pensava Evloghij provocando i milanesi con la sua domanda.