Sirio 26-29 marzo 2024
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Economia

Troppo denaro inutilizzato

È il frutto della paura che ormai paralizza i risparmiatori italiani. Ci sono centinaia di miliardi di euro tenuti sostanzialmente liquidi

di Nicola SALVAGNIN

22 Settembre 2014

Tra gli effetti collaterali del quasi azzeramento del costo del denaro deciso dalla Bce, ce n’è uno che tocca le tasche di moltissimi italiani; quelli almeno che hanno qualche risparmio in banca. E cioè: cosa fare di quegli euro, come investirli, come riuscire a guadagnarci qualcosa.

Perché lo scenario a tutt’oggi è assolutamente sconfortante. I titoli di Stato (Bot, Cct, Btp) non danno nulla o quasi; i Bot sono praticamente a rendimento zero, buoni solo per parcheggiare momentaneamente grandi liquidità; i Btp pagano un 3% di cedole annue solo nelle scadenze più lunghe (25-30 anni). Acquistarli è un rischio enorme, per una famiglia che non sia avvezza ai trading finanziari e alle speculazioni di brevissimo termine: chi ci garantisce che tra 10-15 anni i tassi non saranno nettamente superiori, e che quindi perderemmo letteralmente soldi ogni anno?

La Borsa, soprattutto quella italiana, è una scommessa, non una forma d’investimento: un po’ come giocare alla roulette, rosso o nero. Niente di buono per la tranquillità familiare. Le obbligazioni hanno seguito la strada dei titoli di Stato: le ultime emissioni bancarie “regalano” interessi dell’1% annuo; quelle aziendali poco di più, di fronte a rischi quasi borsistici. E tra le banche c’è sempre meno interesse a raccogliere risparmio privato, quando il denaro della Bce è ottimo, abbondante e soprattutto gratis.

Buoni postali e simili? Grande sicurezza, ancor più scarsi interessi. E molto altro non c’è all’orizzonte rimanendo nell’alveo del “poco ma sicuro”. Fondi comuni, polizze, altri strumenti finanziari di largo utilizzo alla fine investono il vostro denaro in Btp, azioni, obbligazioni. Lo fanno il meglio possibile, ma per questo si fanno pagare: chi alla fine ci guadagna qualcosa? Voi o chi vi gestisce il denaro?

Il mattone, dunque. È sempre stato lo sfogo quando la “carta” offriva poco. Non lo è questa volta. L’imposizione fiscale massacra le rendite immobiliari, e il valore del mattone è in calo ovunque; né qualcuno osa prospettare un’inversione di tendenza. È un ottimo momento per acquistare casa, se uno non ce l’ha; per aiutare un figlio a farsene una; per ristrutturare la propria: i mutui sono ai minimi storici, i prezzi degli immobili sono fortemente calati in questi ultimi anni, gli sgravi fiscali (per ora) notevoli. Per il resto, gli acquisti hanno motivazioni più psicologiche che economiche.

Un panorama, questo, con cui dovremo imparare a convivere a lungo, anche se per ora non ci riusciamo: ci sono centinaia di miliardi di euro – buona parte dei nostri risparmi – tenuti sostanzialmente liquidi. Non ci fanno guadagnare nulla, non sappiamo che farne, attendiamo tempi migliori, ci danno sicurezza per le difficoltà del presente.

Ma sono congelati, improduttivi anche per il sistema-Italia. E tale situazione è comune a buona parte del mondo occidentale.

D’altro canto, l’inflazione non esiste, il tasso è a zero se non addirittura negativo (deflazione). Quindi ottenere un 2% netto è assai positivo, come avere un 7% dai Bot con l’inflazione al 5. Ma psicologicamente è difficile da digerire, sembra niente e un po’ lo è. Una situazione incredibile anche perché non origina una conseguenza “americana”: spendo tutto, tanto risparmiare non serve a niente. Qui invece non spendiamo e teniamo i soldi sul conto, o sotto il materasso: segno che la paura collettiva è tanta, troppa.

Che si può fare? Una cosa che gioverebbe a tutti, italiani e Stato italiano. Incentivare la previdenza personale, accantonare le somme sul lunghissimo termine per sostenere future pensioni che saranno assai striminzite, se ci saranno. Lo Stato già concede agevolazioni fiscali succose e noi ci garantiremmo per tempo una vecchiaia dignitosa. C’è solo un problema: non ci fidiamo dello Stato. Cambia le regole ogni due per tre, chissà cosa succederà da qui a trenta-quarant’anni. Purtroppo a questa obiezione, non abbiamo alcunché da obiettare.