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Medio Oriente

Siria: si alzi la voce del dialogo

Appello dei frati di Aleppo: «Facciamo cessare la voce del cannone. Sedersi attorno a un tavolo e parlare deve essere la priorità di tutti. I cristiani possono fungere da ponte»

21 Marzo 2012

Domenica 18 marzo, in un’esplosione che ha colpito il quartiere a maggioranza cristiana di Al Sulaimanya di Aleppo, è rimasto coinvolto anche il convento di Er Ram, tenuto dalla Custodia di Terra Santa, dedicato alle attività di oratorio per i bambini del quartiere. Lo scoppio è avvenuto sul muro di cinta che è parzialmente crollato, come pure parte del muro della chiesa. Le finestre e gli altri infissi sono andati distrutti.

A riferirlo è il Custode di Terra Santa, padre Pierbattista Pizzaballa che parla di «situazione che sta degradando velocemente». «La Provvidenza – aggiunge – ha voluto che qualche minuto prima padre Shadi Bader, che era all’interno con numerosi bambini, decidesse di chiudere le attività in anticipo. Subito dopo l’esplosione che ha distrutto tutto. Bastava un lieve ritardo e sarebbe stata una strage. Ora le attività resteranno per un po’ ferme. Lo shock è stato forte». Sul futuro della Siria il Custode appare dubbioso: «Difficile sapere come evolveranno le cose, la situazione è di grande incertezza. Esorto tutti a ricordare nella preghiera i nostri fratelli di Siria».

Paura palpabile

Per il guardiano del convento di San Francesco di Aleppo, padre Giorgio Abu Khazen, sotto la cui giurisdizione si trova quello colpito, «l’esplosione è da ricondurre più che a violenza anticristiana, a un attacco contro una vicina sede delle forze di sicurezza». Tuttavia, «la paura dei cristiani diventa ogni giorno più palpabile». Dietro l’angolo, e nemmeno troppo nascosto, c’è il timore che «la crisi siriana possa portare a una frammentazione del Paese, alle lotte settarie, religiose e alla fuga dei cristiani dal Paese. La Siria è sempre stato un bel mosaico, un laboratorio armonico di convivenza di religioni e di etnie e deve continuare a esserlo».

«Dobbiamo dire che ci sono gruppi di persone, che non hanno nulla a che vedere con il nostro Paese, che stanno fomentando le divisioni e le violenze» continua padre Abu Khazen. Una preoccupazione accresciuta anche da «quanto sta accadendo in Libia, Tunisia, Egitto», dove dalle elezioni sono uscite vincenti compagini fondamentaliste coma Salafiti e Fratellanza musulmana. «La presenza cristiana si fa sempre più difficile. Dai canali televisivi radicali si sente spesso parlare di “tassa di protezione” che i cristiani devono pagare. La violenza colpisce tutti, senza distinzioni, cristiani e musulmani, ma per la nostra minoranza si fa difficile. Le famiglie cristiane, dopo aver mandato i loro figli all’estero, principalmente in Libano, per farli studiare, ora stanno chiedendo passaporti e visto per raggiungerli. Molti di coloro che emigrano non faranno più ritorno con il risultato che la Siria perderà la sua componente cristiana». E in questa fase di aggravamento della crisi, che nemmeno la recente missione di Kofi Annan è riuscita a mitigare, «sarebbe una grave perdita».

I cristiani, infatti, come riconosciuto dallo stesso nunzio apostolico in Siria, monsignor Mario Zenari, hanno «una buona élite: personalità culturali, professori universitari, avvocati, presidenti di ospedali. È tempo di uscire allo scoperto senza restare a guardare, riappropriandoci della nostra dignità e della nostra identità, basandoci sul Vangelo e sulla dottrina sociale della Chiesa».

La voce del dialogo

Ma perché ciò accada è necessario che «cessi la voce del cannone e si levi quella del dialogo». Secondo padre Abu Khazen, «la Chiesa locale, se adeguatamente sostenuta dalla Chiesa universale, potrebbe tentare una mediazione tra le parti in lotta, tra regime e opposizione. Da sola, altrimenti, sarebbe difficile. Tutti questi morti da una parte e dall’altra, le tante vittime innocenti e penso ai bambini, dove ci stanno portando? Tutto questo sangue versato a cosa sarà servito? Sedersi attorno a un tavolo e parlare deve essere la priorità di tutti. I cristiani possono fungere da ponte, come lo sono stati fino a oggi. Non dimentichiamo che in molti villaggi misti, alawiti e cristiani vivono in pace; sunniti e cristiani, drusi e cristiani in armonia. Risparmiamo la casa Siria da una distruzione, da una divisione che ci condannerà a una povertà spirituale oltre che materiale».

a cura di Daniele ROCCHI