Sirio 26-29 marzo 2024
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Milano

Siria, non è guerra civile:
«Il popolo è uno»

All’Auditorium San Fedele emozionante serata di sostegno delle speranze di una popolazione martoriato da un regime dittatoriale. Testimonianze di vita, cori di rabbia repressa e tanta voglia (composta) di libertà

di Loris CANTARELLI

19 Luglio 2012

Un dibattito trattenuto eppur approfondito, a tratti commosso, ma sempre pacato, quasi sempre interrotto da urla della platea che diventano canti rituali, di chi esprime il dolore e la frustrazione per la carneficina in atto nel proprio Paese (in una guerra che in 16 mesi ha già fatto 20 mila morti, tra cui 3 mila tra donne e bambini).

Serata emozionante, ieri, all’Auditorium San Fedele. «Una comunione, più che una conferenza. I cori, le testimonianze di vita, le lacrime mi hanno dato il senso della libertà», ha scritto un partecipante dopo la diretta Twitter su @_popoli attraverso l’hashtag #MilanoSiria. Non c’è miglior sintesi dell’evento “Siria. Isqat al nizam – Il popolo vuole la caduta del regime”.

All’ingresso i Carabinieri perquisiscono ogni borsa e controllano la zona. Organizzato dall’Associazione Siriani Liberi in Italia, fondata da soli 32 giorni, con la rivista internazionale dei gesuiti Popoli(il cui direttore Stefano Femminis introduce i lavori), l’evento vede la partecipazione di padre Paolo Dall’Oglio, fondatore nel 1982 della moderna comunità monastica di Deir Mar Musa al-Habashi (che ospita cattolici e ortodossi) e dal 2007 curatore di una rubrica fissa su Popoli. Il religioso, promotore instancabile del dialogo e della riconciliazione anche in questi mesi bui, lo scorso 16 giugno ha lasciato «il luogo del mio apostolato e la mia patria di elezione», in obbedienza alle autorità ecclesiastiche dopo le proteste del regime di Bashar al-Assad.

Moderati da Khaled Fouad Allam (sociologo dell’Università di Trieste), oltre a Dall’Oglio prendono la parola George Sabra (portavoce del Consiglio Nazionale Siriano), Rasha Omran (poetessa e scrittrice, alawita come il presidente Assad, ma insieme agli insorti contro le sue repressioni violente), Aboulkheir Breigheche (presidente della Comunità islamica del Trentino-Alto Adige) e Massimo Cacciari (preside-filosofo dell’Università Vita-Salute San Raffaele di Milano).

Dopo un minuto di silenzio per le migliaia di vittime, Allam introduce i lavori spiegando che «nel processo di democratizzazione dei Paesi arabi la Siria è un centro nevralgico delle contraddizioni e dei drammi di portata mondiale» e lamentando l’assenza dell’Europa nelle vicende di questo Paese.

Sabra spiega che il regime della famiglia Assad riunisce il peggio di fascismo e comunismo, «alza la bandiera della sinistra, ma va a destra, derubando il popolo di tutto per gli interessi della dirigenza corrotta»; le notizie terribili di questi giorni «sono solo la punta dell’iceberg di quanto emergerà dopo, in un Paese con 6 mila anni di storia che ha dato al mondo il primo alfabeto». Omran ricorda orgogliosa come le diverse comunità siriane hanno da sempre convissuto senza problemi («l’unica divisione è tra il popolo e il regime»), annunciando di credere fermamente nella democrazia: «Se vince chi mi vuole mettere il velo lo metterò volentieri e continuerò a lottare!». Breigheche nota che Damasco, la più antica città abitata in modo continuativo nella storia umana, non si merita il governo di una «mafia criminale al potere da quasi mezzo secolo», che spara contro il suo stesso popolo, causando 65 mila dispersi e un milione e mezzo di profughi.

Dopo un intermezzo musicale del gruppo di liberi artisti e intellettuali siriani Amargi, con due Kindertotenlieder (Canti per i fanciulli morti) di Gustav Mahler per voce e pianoforte, è padre Dall’Oglio, in un silenzio quasi irreale, a testimoniare «torture, bastonate, prigione e menzogne», «giovani mandati al macello» e «un padre di famiglia, che aveva già perso due figli, che seppellisce 15 compaesani davanti ai loro familiari, esortandoli a non cedere all’odio». Cacciari cita un cartello eloquente che chiede “Aiutateci coi fatti” e rapporti Onu e ambasciatori europei che alla vigilia della rivoluzione non si rendevano conto della situazione. Denuncia «un Occidente che ormai ha perso i rapporti storici, culturali e umani con la sua faccia mediterranea, un mare che vede sempre più come confine, una barriera da cui vuole allontanarsi». «Come fa l’Europa a non capire l’occasione d’oro che le si presenta? È perfino un’opportunità economica, con un Paese al 50% di ventenni e una posizione compatta che è un suo compito storico!», aggiunge l’ex sindaco di Venezia, che poi segnala con forza: «Veniamo da anni in cui in Europa si è cercato di dimostrare l’incompatibilità tra Islam e democrazia: è un’idea sbagliata, continuamente divulgata dai media e diventata senso comune, ma tutt’altro che vera». Subito dopo Breigheche ricorda che i Fratelli Musulmani già nel 1984 chiedevano uno Stato democratico, con la separazione dei poteri e la partecipazione dei cittadini tutti uguali davanti alla legge.

Poco prima della conclusione in musica, un ospite appena giunto da Homs (ininterrottamente bombardata da 36 giorni, con 7 mila morti) racconta di aver passeggiato per Roma e di aver pensato a Nerone… ormai scomparso al contrario della sua città. Nella commozione, un augurio per il martoriato popolo siriano.