Veronica, liceale di Vimercate (Monza Brianza): «Il tablet è quello strumento che permette agli studenti di abbattere i muri che fino a poco tempo fa separavano la scuola dal mondo reale. Utilizzando questo dispositivo che ci apre le porte al mondo dell’informazione di ogni genere riusciamo a capire stando tra i banchi di scuola cosa cambia fuori dall’aula tra questioni politiche, economiche e sociali. Inoltre avere un tablet allena gli alunni a condividere e comunicare le loro esperienze scolastiche sia all’interno della classe che all’interno dell’intero istituto fino ad arrivare a una comunicazione e a una sperimentazione di nuovi progetti didattici tra più istituti. La possibilità di comunicare in modo rapido e con più persone contemporaneamente solidifica i rapporti interpersonali, invita gli alunni ad aprirsi e a puntare tutti verso un unico obiettivo che deve portare in alto il valore del lavoro di gruppo e non solo ed esclusivamente quello del singolo».
Sebastian e Martina, liceali di Bergamo: «Siamo convinti che il tablet possa essere usato a scuola solo come uno strumento integrativo al libro di testo cartaceo. Le strutture non ci permettono di usare solo ed esclusivamente il tablet: troppo spesso abbiamo a che fare con reti internet che non funzionano o addirittura con prese della corrente insufficienti. Probabilmente di questi tempi avere il tablet e dire che a scuola si fa lezione col tablet fa tendenza: al contrario noi pensiamo sia solo apparenza e che nella sostanza non ci sia nulla di buono, il reale beneficio non esiste».
Pro e contro, tra studenti. Sono temi emersi a Bergamo, all’incontro “Tablet School 2: processo alla scuola digitale”, dove studenti e docenti, da tutta Italia, si sono confrontati sull’uso delle tecnologie a scuola. Un dibattito acceso e tra “esperti”, cioè persone che hanno esperienza, tra i banchi e dalle cattedre, senza la pretesa di dire la parola definitiva, ma coinvolti in un “work in progress” che tiene conto dell’“inevitabilità” del digitale come anche delle problematiche che porta con sé. Fa bene alla scuola? Probabilmente sì. Ma come? Se ne può fare a meno? Probabilmente no. Ma, ancora, fine a che punto?
Sono domande che non si possono differire e di fatto se ne discute molto nel mondo della scuola e non solo. È evidente a tutti come la scuola italiana sia impegnata – e debba impegnarsi – anzitutto in uno sforzo di adeguamento delle strutture di base. Tuttavia conosce da tempo importanti “fughe in avanti”, sguardi sul futuro. Utili anche perché indicano cosa serve per prepararlo per tutti. Oltre i luoghi comuni e gli slogan, considerando la “fatica” di una formazione sempre più adeguata e di affrontare cambiamenti profondi: non basta sostituire la carta con il tablet – si passi la banalizzazione – ma occorre cambiare mentalità e studiare didattiche apposite. Così Dianora Bardi – “insegnante digitale”, verrebbe da dire – ideatrice e referente del progetto “A scuola con l’iPad”, da anni impegnata su questo versante a Bergamo: «Non possiamo negare che avere un tablet per studiare sia necessario di questi tempi e che permetta agli studenti di apprendere in modo nuovo e migliore. Ma è anche vero che la didattica deve cambiare. Il sistema che sta dietro alla cattedra deve aggiornarsi e correre al passo coi tempi altrimenti è ovvio che il tablet diventa un danno più che una risorsa». Appunto.