Su un totale di 7.878.661 scolari e studenti che frequentano le scuole statali, gli alunni delle scuole paritarie in Italia sono 1.036.312, cioè una percentuale del 13%. Di questi ultimi 702.997 sono alunni delle scuole cattoliche, vale a dire il 9% del corpo scolastico del nostro Paese. La scuola cattolica, quindi, pur rappresentando una minoranza del mondo scolastico, non è una cosa da poco, anzi – come ha spiegato il 19 ottobre a Roma, in occasione della VI Giornata pedagogica della scuola cattolica promossa dalla Cei, Sergio Cicatelli, direttore del Centro studi scuola cattolica – «è una minoranza qualificata e portatrice di un’importante e ricca tradizione educativa». Dei problemi che sta vivendo la scuola cattolica si è parlato in maniera approfondita in particolare durante la presentazione del volume “Una pluralità di gestori” – 15° rapporto sulla scuola cattolica 2013. È emerso anzitutto un nuovo scenario in cui si ritraggono i gestori tradizionali (che guidano tuttora circa il 70% delle scuole cattoliche), rappresentati da istituti religiosi maschili e femminili, da diocesi e parrocchie, spesso per la diminuzione delle vocazioni. Al contempo avanzano le scuole gestite da cooperative, associazioni, fondazioni varie, promosse dai fedeli laici.
Forte aumento del carico economico
Un secondo scenario sul quale si è riflettuto riguarda tutti – sia le scuole di istituti religiosi sia quelle promosse da fedeli laici – ed è rappresentato dall’aumento del carico economico a fronte di una diminuzione del numero degli alunni. Fenomeno questo dovuto in parte al declino demografico, ma oggi anche per la crisi economica che distoglie le famiglie dall’iscrivere, anche se vorrebbero, i propri figli alle scuole cattoliche. Un terzo scenario – delineato dal vescovo monsignor Lorenzo Loppa, presidente della Commissione per l’educazione cattolica, la scuola e l’università, e da don Maurizio Viviani, direttore dell’Ufficio nazionale presso la Cei, e sostenuto anche dalle riflessioni di don Francesco Macrì, presidente della Fidae – ha fatto emergere l’esigenza di una strategia di insieme da parte di tutti i protagonisti della scuola cattolica, piuttosto che limitarsi ad andare “da soli” rischiando un progressivo declino. In tutto questo le scuole cattoliche risultano così distribuite: 6.748 dell’infanzia, 1.126 primarie, 585 secondarie di 1° grado, 661 secondarie di 2° grado, per un totale di 9.120. «Una realtà da difendere – ha sottolineato mons. Loppa – perché porta ancora oggi un grande impegno di servizio educativo e una grande qualità formativa e pedagogica».
Esigenza di custodire i carismi originari
«I gestori delle scuole cattoliche e dei centri di formazione professionale di ispirazione cristiana sono i custodi del carisma educativo avviato dai fondatori delle rispettive congregazioni. Nei nostri tempi, in cui le forze di molte famiglie religiose sembrano ridursi, il testimone di questa impresa educativa è stato meritoriamente raccolto da tanti laici, che si impegnano a tenere vivo un carisma e a formare le nuove generazioni»: così il vescovo di Piacenza e presidente del Consiglio nazionale della scuola cattolica, monsignor Gianni Ambrosio, sottolinea nel Rapporto 2013. «La scuola cattolica – prosegue – non può essere solo scuola e deve sforzarsi di dare prova con forza del suo essere espressione della comunità ecclesiale e strumento di diffusione di una cultura cristianamente ispirata», aggiungendo che «nella gestione di una scuola non ci sono utili da realizzare ma persone da aiutare nella delicata fase della propria crescita umana e culturale». Il vescovo nota anche che in quest’ultima fase sociale, «nascono autonomamente scuole cattoliche per iniziativa di genitori, insegnanti, associazioni laicali. È in atto una trasformazione che si può dire epocale per la novità che introduce e per la diversa vitalità delle modalità gestionali». Se un tempo, infatti, erano gli istituti religiosi maschili e femminili a creare scuole e centri professionali, oggi sono anche i laici.