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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Eletti i nuovi vertici

Retinopera riparte:
inclusione dei poveri e dialogo sociale

Il coordinatore Franco Miano: «I primi riferimenti per la nostra azione li traiamo dal magistero di papa Francesco, in particolare dalla “Evangelii Gaudium” e, nello specifico, dal capitolo dedicato alla dimensione sociale dell’evangelizzare»

di Francesco ROSSI

16 Febbraio 2015

Ascoltare le diverse realtà che fanno parte di Retinopera affinché le linee programmatiche che si andranno delineando non siano il «discorso di un solista», ma un impegno comune e condiviso. Così Franco Miano, già presidente dell’Azione cattolica e neo coordinatore di Retinopera, intende il suo nuovo compito: «Retinopera è un coordinamento, e dunque il mio primo intento è procedere assieme alle organizzazioni che ne fanno parte», spiega a pochi giorni dalla sua nomina, avvenuta il 12 febbraio per opera del nuovo consiglio direttivo. Il direttivo, nella medesima seduta, ha confermato Vincenzo Conso (segretario generale dell’International Catholic Rural Association) nel ruolo di segretario e, come membri del Comitato esecutivo, ha scelto Gennaro Iorio (Umanità Nuova – Focolari), Marco Fornasiero (presidente nazionale Fuci), Sonia Mondin (presidente nazionale Masci), Gianfranco Cattai (presidente Focsiv) e Gianni Bottalico (presidente nazionale Acli).

Professor Miano, quale ruolo pubblico può avere Retinopera nell’attuale contesto sociale ed ecclesiale?
L’impegno del nostro coordinamento va nella direzione di valorizzare i carismi e le risorse delle organizzazioni che vi fanno parte per offrire una ‘vita buona’, intesa in questo caso come la vita di una società che deve avere condizioni adeguate per il bene di tutti. Gli elementi programmatici del nostro cammino futuro dovranno scaturire da una condivisione con tutto il consiglio direttivo che proprio adesso comincia. Retinopera non può rispondere ai suoi scopi attraverso il discorso di un solista, ma insieme.

E quali sono questi scopi?
L’obiettivo principale è favorire la conoscenza della dottrina sociale della Chiesa e la sua attuazione, partendo da quelle esperienze di formazione sociale, culturale e politica che già mettono in atto le singole organizzazioni. Essere un coordinamento significa mettere innanzitutto in rete queste realtà, fare sistema per animare la responsabilità del laicato cattolico e organizzare occasioni di conoscenza e supporto reciproci.

No, quindi, al “campanilismo” da parte delle realtà che si riconoscono in questo coordinamento?
Retinopera è una sfida, chiede di superare forme d’individualismo intraecclesiale per creare nuovi modi di camminare insieme. Questo vuol dire valorizzare la pluralità dei carismi e al tempo stesso ritrovarsi nelle grandi direttrici dell’impegno politico e sociale dei cattolici, nelle ispirazioni di fondo ma anche nella capacità di mettere in evidenza quel bene di cui sono portatori associazioni, gruppi e movimenti.

In questo camminare insieme c’è spazio anche per altre realtà, in particolare quelle nate per fare rete (Forum delle associazioni familiari, Scienza & Vita, Copercom)?
Certamente, nessuno è escluso. Non può mancare un rapporto con il percorso delle Settimane Sociali, con la Pastorale sociale, come pure con tutte quelle reti che sono legate all’ambito ecclesiale o a esso ispirate.

Quali criteri hanno guidato la nomina del nuovo comitato esecutivo? Rispecchia, a suo avviso, la pluralità dei carismi delle realtà che compongono Retinopera?
Il comitato esecutivo è stato eletto unanimemente e sicuramente rispecchia le diverse sensibilità presenti dentro a Retinopera. Vi sono movimenti di carattere più intraecclesiale, altri con una connotazione maggiormente sociale. Questo è l’elemento di pluralità più importante per una buona riuscita del cammino.

Come porsi rispetto a un impegno politico in un tempo in cui è massima la distanza dei cittadini dalla politica? Quale posizione può assumere Retinopera?
I primi riferimenti per la nostra azione li traiamo dal magistero di papa Francesco, in particolare dalla Evangelii Gaudium e, nello specifico, dal capitolo dedicato alla dimensione sociale dell’evangelizzare. Lì si enunciano questioni che hanno un fortissimo valore politico: «l’inclusione sociale dei poveri», «il bene comune e la pace sociale», «il dialogo sociale come contributo per la pace». Sono aspetti che il Papa mette in evidenza e hanno a che fare con profili morali, etici, economici, culturali e pure politici. Secondo riferimento è il cammino della Chiesa italiana: ci stiamo avvicinando al convegno ecclesiale di Firenze, ma nel quadro più generale di un percorso che sta vedendo questo decennio impegnato nel ribadire la centralità dell’educazione, riconoscendo la necessità di educare anche alla politica, alla cittadinanza attiva e responsabile, all’impegno sociale. Infine, l’importanza dei territori. Il valore aggiunto delle nostre aggregazioni è proprio la presenza sul territorio, e partire dai territori è una presa di posizione sociale e politica: significa valorizzare istanze di partecipazione, più vicine alla vita della gente.

Al convegno ecclesiale di Firenze c’è un contributo specifico che può arrivare da Retinopera?
Il contributo specifico di Retinopera sta nell’idea che c’è uno stretto nesso tra vita personale e sociale: riflettere sull’uomo come persona è una presa di posizione non solo di ordine culturale in senso lato, ma anche sociale e politico. In questo senso il convegno di Firenze non è un’esperienza accademica ma, sostanzialmente, è al centro del percorso della Chiesa in questo decennio perché, nell’educare alla vita buona del Vangelo, c’è anche quel carattere comunitario, sociale e politico che contribuisce a far sì che ciascuno possa vivere una “vita buona” come persona.