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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Società

Pochi volontari,
democrazia debole

I giovani vengono persino scoraggiati dalle pratiche di partecipazione civica. E tra le conseguenze più dannose c’è anche un deficit di innovazione

di Andrea CASAVECCHIA

10 Novembre 2014

Mentre si riafferma l’intenzione di consolidare l’esperienza dell’anno di servizio civile volontario, per ampliare il numero di persone da poter coinvolgere nell’esperienza e si discute di una riforma del Terzo settore, si osserva che tra i giovani sono poco diffuse le pratiche di volontariato e di partecipazione civica.

L’ultima conferma proviene da alcuni dati ricavati dall’indagine Rapporto Giovani: il 64,7% degli intervistati non ha mai praticato esperienze di volontariato; l’86,4% non partecipa a forme associative o gruppi organizzati. La partecipazione diminuisce ancora quanto si considerano partiti o movimenti politici: è coinvolto solo l’8,8% dei giovani intervistati.

La tendenza è grave in quanto porta a un indebolimento della democrazia. I motivi sono diversi, non solo perché si rileva uno scarso interesse per il sociale e il bene comune per una grande maggioranza delle persone, nate a cavallo del 2000, ma anche perché l’impegno civico è indicatore della coesione del tessuto sociale e incide su quella «solidarietà democratica» che per Jurgen Habermas veicola nella società un reciproco riconoscimento nella diversità e costituisce il sostrato che rende accettabili le regole sociali e la legittimazione degli equilibri di potere nelle istituzioni.

Per il futuro è importante domandarsi: perché tra i giovani c’è solo uno sparuto gruppo di impegnati?

Un primo elemento per costruire una risposta proviene da alcuni processi culturali in cui siamo immersi, dove si è privilegiata la dimensione individuale rispetto a quella comunitaria: in una società consumistica i messaggi che spingono alla competizione e al successo portano a disinteressarsi della cura dei legami e delle relazioni, per favorire un impegno verso la soddisfazione dei propri desideri.

Un secondo elemento è indiretto e possiamo riconnetterlo allo scarso livello occupazionale. Infatti, le persone che non lavorano poi risultano essere meno coinvolte nella partecipazione civica, perché si sentono meno integrate nella società in cui vivono, e perché tendono a ricercare un sostegno piuttosto che offrirne agli altri.

Un ulteriore elemento si rintraccia nell’egemonia involontaria delle generazioni adulte che radicate nelle diverse pratiche di volontariato, civile e politico hanno anche spinto la grande maggioranza delle nuove generazioni al disimpegno. Questo è un effetto della sproporzione demografica tra giovani e adulti che creano uno stallo. I giovani infatti sono generalmente portatori di novità, che stridono con l’abitudine delle organizzazioni di volontariato dove sovente vige la regola del “si è fatto sempre così”.