È stato celebrato il cinquantesimo anniversario della grande manifestazione di Washington sui diritti civili, quando il pacifista non violento Martin Luther King pronunciò il suo discorso più famoso: “I have a dream”. Raccontava con passione della lotta contro le ingiustizie per un mondo di uguaglianza e libertà; condivideva il suo sogno che dalla capitale degli Stati Uniti attraversò il mondo e arrivo a toccare le coscienze di tante persone.
Sempre cinquanta anni fa, qualche mese prima, un grande Papa pronunciava quello che poi venne ricordato come il discorso alla Luna, toccando i cuori e la mente di tutti; in occasione dell’apertura del Concilio Vaticano II spronava la Chiesa verso il nuovo millennio.
Attraverso quei sogni il mondo iniziò a cambiare passo, per mezzo di persone eccezionali e coraggiose, che sanno guardare più in là, e che non si bloccano, intimoriti da un orizzonte troppo ampio e sconosciuto.
Oggi, invece, le nostre società occidentali stentano, dopo 50 anni sembrano adagiarsi sui risultati ottenuti e perdono la spinta al rinnovamento. Così finiscono per lamentarsi e leccarsi le ferite, imprigionate in un pensiero dominato dalla logica del profitto e incardinato nel presente. Fatichiamo a trovare nuove idee. Non riusciamo a proporre quelle che il sociologo Karl Mannheim chiamava utopie, ovvero visioni della propria società che non considerano la realtà esistente come determinata, ma la oltrepassano perché si pongono dentro un processo della storia in continua trasformazione.
Scortati dal ricordo di quei grandi uomini, anche in Italia ci dovremmo porre in una prospettiva diversa e iniziare a raccontare, condividere e proporre i sogni veri, quelli che svegliano le coscienze e toccano i cuori. Nel nostro Paese non sono assenti le eccellenze: ce lo ha ricordato il Presidente della Repubblica con la nomina di quattro senatori a vita esponenti di livello mondiale dell’arte, della ricerca, della cultura.
Ci mancano, però, dei sogni comuni verso i quali iniziare a incamminarsi insieme. Per colmare la lacuna un ruolo fondamentale è giocato dalle nuove generazioni: lo ha evidenziato Papa Francesco durante il suo saluto ai giovani pellegrini della diocesi di Piacenza Bobbio: «Voi avete dentro il vostro cuore una promessa di speranza. Voi siete portatori di speranza. Voi, è vero, vivete nel presente ma guardando il futuro… voi siete artefici di futuro, artigiani di futuro. Poi – e questa è la vostra gioia – è una cosa bella andare verso il futuro, con le illusioni, con tante cose belle – ed è anche la vostra responsabilità. Diventare artigiani del futuro».
Se vorremo rilanciare e rinnovare i nostri sogni dovremo restituire ai giovani la responsabilità di costruire futuro, e avere il coraggio di affidarglielo.