Sirio 26-29 marzo 2024
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Milano

«Oasis 2013 : l’inizio
di una grammatica comune»

L’intervento del cardinale Scola a conclusione della due-giorni del Comitato scientifico della Fondazione sottolinea i passi avanti compiuti nella comunione e nella conoscenza reciproca tra Occidente e Oriente

di Annamaria BRACCINI

19 Giugno 2013

«Qualche notazione alla fine di un lavoro molto lungo, variegato e complesso». Il cardinale Angelo Scola apre così l’intervento conclusivo del decimo incontro del Comitato scientifico della Fondazione Oasis, che l’Arcivescovo stesso ha presieduto partecipando a tutte le sessioni della due-giorni milanese. Un’occasione preziosa per confermare e «identificare la possibilità di dialogo e conoscenza reciproca tra l’Europa e il Medio Oriente a maggioranza musulmana, letta attraverso lo sguardo dei fratelli cristiani residenti in quelle regioni», spiega.

E se «la realtà è una trama di rapporti e di circostanze attraverso le quali Dio ci interpella personalmente e ci chiama a rispondere, per noi è un impegno interpretare questa stessa realtà». È qui che trova la sua ragion d’essere il volersi misurare «faccia a faccia», mettendo a confronto esperienze e speranze, sviluppando l’inizio di «una grammatica comune», per usare un’espressione del Cardinale.

«Abbiamo ascoltato e imparato davvero moltissimo – prosegue -. Una delle cose che mi ha colpito è che il dialogo non è stato caratterizzato da una riflessione marcatamente intellettuale da parte dell’Ovest, contrapposta a testimonianze più calate nella concretezza dall’Oriente, come pure è accaduto nei primi anni di Oasis. In questi giorni ci si è avvicinati anche nel profilo delle comunicazioni e della riflessione successiva». E questo perché il tema scelto quest’anno, seppure arduo, nel richiamo alla secolarizzazione «ha evidenziato la fase di stanchezza che stiamo vivendo come europei e nordamericani». Un trend in cui il mondo occidentale ha rinunciato al suo ruolo egemonico e che, dunque, «porta a una maggiore comunione gli uni verso gli altri e a una visione del mondo “in relazione”».

Insomma, siamo tutti sotto lo stesso cielo e ce ne stiamo rendendo conto: «Da questo Comitato emerge la nascita di un soggetto unitario», nota ancora il Cardinale. Se il fattore primario è il porsi del soggetto, precise sono le responsabilità di «giocarsi in prima persona, compiendo una scelta di campo». Scelta «per i cristiani consapevole che l’ecumenismo e il dialogo interreligioso sono contesti irrinunciabili e che occorre ricercare la dimensione religiosa in ogni esperienza di vita. Bisogna testimoniare la fede fino in fondo, che si sia cattolici, cristiani o musulmani: non si può rimanere una sorta di “indistinto”. Certo, questo implica, soprattutto nelle società plurali, il grande problema della traduzione delle singole esperienze religiose», conclude l’Arcivescovo.

«È assolutamente necessario che impariamo a narrarci in maniera corretta, perché se non riusciamo a intercettare le domande dell’altro e, al limite, le sue contrarietà, manchiamo il bersaglio, come infatti lo sta mancando l’Europa. Senza un tale dato preliminare non si capiscono i temi della libertà religiosa, dei diritti, del progresso delle tecno-scienze…».

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