Share

Prostituzione

«Non serve abolire la Merlin,
ma colpire le organizzazioni criminali»

Così don Roberto Davanzo al convegno organizzato a Milano dalla Caritas Ambrosiana. Esito fallimentare delle multe, riprende la tratta delle albanesi. Presentato un Rapporto

18 Giugno 2014
PROSTITUZIONE.PH. MAULE/FOTOGRAMMA

A PAGAMENTO

Il giro di vite contro la prostituzione sulle strade, in nome del decoro, è fallito. Passata la paura delle multe, le donne costrette a prostituirsi sono tornate sulle strade. Negli stessi luoghi di prima. La tratta non si è arrestata, anzi, pare diventata ancora più raffinata e potente. Le organizzazioni criminali che la gestiscono sono più ramificate di prima, con forti collegamenti internazionali, capaci di dirigere contemporaneamente più traffici illeciti: prostituzione, droga, immigrazione clandestina. Queste le caratteristiche del mercato del sesso a pagamento, secondo l’osservazione diretta sul campo condotta dagli operatori dell’unità di strada Avenida della Cooperativa Farsi Prossimo di Caritas Ambrosiana, i cui risultati sono stati discussi durante il convegno “La tratta e la prostituzione. La legge Merlin ieri e oggi”, svoltosi oggi nella sede di Caritas Ambrosiana a Milano.

Secondo gli operatori, superato il periodo delle ordinanze che aveva costretto gli sfruttatori a spostare le donne più in periferia o nei locali e negli appartamenti, la mappa della prostituzione è tornata quella di un tempo. Nel corso del 2013 gli operatori e i volontari Caritas, nel corso delle uscite notturne (due a settimana), hanno incontrato 292 donne, un quinto di quelle che si stimano presenti sulle strade di Milano e provincia. I luoghi in cui le hanno trovate erano quelli abituali: la circonvallazione milanese e le strade di maggiore scorrimento che si inoltrano in provincia. Passata la paura delle multe, la prostituzione – che non era mai scomparsa – è tonata dunque così più visibile.

Identica anche la geografia dei Paesi di provenienza. Le romene si confermano le più numerose (60% del totale), seguite dalle nigeriane (il 15%, presenti principalmente nell’hinterland milanese e comunque nella periferia) e dalle albanesi (il 12%), tornate a essere più presenti dopo un calo negli ultimi anni (nel 2011 erano scese al 6,5%). L’incremento e soprattutto il turn-over molto elevato (il 72% delle ragazze albanesi incontrate nel 2013 sono diverse da quelle intercettate l’anno precedente) fanno ipotizzare una forte ripresa della tratta da parte delle organizzazioni criminali di Tirana e Valona. Le organizzazioni hanno evidentemente saputo sfruttare a loro vantaggio l’ingresso dell’Albania nell’area Schengen e dunque, la conseguente liberalizzazione dei visti, che permette di fare entrare le donne con semplici permessi turistici.

Ciò che cambia, a parere degli operatori, è la dinamica dello sfruttamento. Come emerge dal primo rapporto di ricerca sulla tratta realizzata da Caritas Italiana e dal Coordinamento delle comunità di accoglienza “Punto e a capo”, il mercato del sesso è gestito da gruppi criminali con forti legami transnazionali capaci di abbinare tratta per scopo sessuale ad altri traffici illeciti: traffico di immigrati clandestini, di droga, persino di armi. Può capitare così che la stessa donna costretta a prostituirsi debba anche spacciare sostanze stupefacenti.

Oltre all’assistenza in strada Caritas Ambrosiana offre alle donne che vogliono uscire dal racket accoglienze in strutture a indirizzo protetto: una comunità da 8 posti e tre appartamenti. Nel corso del 2013 sono state seguite 17 donne nei progetti residenziali. Di queste 7 hanno sporto denuncia per i reati subiti di tratta e sfruttamento sessuale.

«Una percentuale ancora bassa, ma che potrebbe essere incrementata se si implementassero i programmi di accoglienza e protezione previsti dall’articolo 18 del testo unico sull’immigrazione attraverso anche la creazione di un’Agenzia nazionale anti-tratta – ha osservato don Roberto Davanzo, direttore di Caritas Ambrosiana -. Spiace, invece, constatare che il dibattito pubblico sulla prostituzione è stato deviato da una campagna d’opinione contro la legge Merlin e a favore di una qualche forma di regolamentazione del mercato del sesso. Come purtroppo dimostrano anche altre esperienze europee, creare quartieri a luci rosse dove poter esercitare liberamente la prostituzione, non impedisce alle organizzazioni criminali di prosperare. D’altro canto, anche le multe contro i clienti e le prostitute, applicate in altri Paesi e sperimentate anche in parte in Italia per iniziativa di qualche Comune nel recente passato, hanno dimostrato di non essere affatto un efficace deterrente. La sola strada è sciogliere il vincolo che lega le donne ai loro sfruttatori, aiutarle e favorire le denunce, incontrarle e far capire loro che non sono sole e che possono chiedere aiuto. Così si potranno anche aggredire le organizzazioni criminali e aiutare le ragazze che ne sono vittima».

«Inoltre occorre interrogarsi sulla domanda di sesso a pagamento – ha aggiunto il direttore di Caritas Ambrosiana -. Il fatto che la prostituzione sia il mestiere più antico del mondo non può spingerci a buttare la spugna. Il numero così elevato di clienti, che con il loro atteggiamento si rendono conniventi di organizzazioni criminali, rappresenta una grave emergenza educativa che la società e la chiesa in particolare devono affrontare».

Leggi anche

Prostituzione
PROSTITUZIONE

Perché nella nostra società
comprare sesso è normale?

Se c’è un’offerta significa che c’è una domanda, se c’è un mercato è perché c’è una clientela. Ma in questo caso il “prodotto” in vendita è un corpo. Da qui nasce l’immoralità di chi lo vende e di chi lo acquista

di Roberto DAVANZO Direttore di Caritas Ambrosiana