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Società

L’Italia così diseguale

La distribuzione dei redditi segnala uno squilibrio profondo. È il grave segnale che emerge dal rapporto Istat 2014 sulla situazione del Paese

di Andrea CASAVECCHIA

3 Giugno 2014

In Italia continuano ad aumentare le disuguaglianze nella distribuzione dei redditi. È un segnale grave. Si potrebbe iniziare da qui per comprendere le fratture nel nostro Paese. C’è un sistema Paese che si sta separando dalla sua comunità? Forse è proprio questo il punto.

Il rapporto Istat 2014 sulla situazione del Paese ci racconta che il 20% più ricco della popolazione dispone di un reddito di 5,6 volte superiore al 20% più povero. Il divario rivela uno squilibrio profondo. Colpisce scoprire che sia superiore alla media dell’Unione Europea: significa che la nostra società non offre a tutti le stesse condizioni di benessere. Così sarà più semplice capire perché i giovani se ne vanno, dove ci sono più prospettive di equità.

Paga le spese soprattutto il ceto popolare. Qui aumentano le situazioni di sofferenza: la si riscontra nella contrazione dei consumi, diminuiti del 2%; la si rileva nella crescita della disoccupazione, arrivata al 12,2%; la si ribadisce nella persistenza di un alto rischio di povertà, che dal 2010 in poi gravita attorno al 19,5% delle famiglie.

Nei momenti di difficoltà quando anche il sistema di welfare stringe i cordoni della borsa, riaffiorano i tanto bistrattati legami familiari. Così ci dice sempre il rapporto che alcune famiglie si ricompattano. Si risveglia la solidarietà fra le generazioni. E leggiamo che «si registra un incremento delle persone che vivono in famiglie composte da più nuclei (438 mila unità in più rispetto al 2006-2007…). Tra queste aumentano quelle di pensionati che vivono con occupati, soprattutto se beneficiari di trattamenti pensionistici bassi, e di pensionati che vivono con persone in cerca di occupazione e nessun occupato».

Scopriamo che ci si aiuta a vicenda, genitori e figli con sacrificio non solo economico, perché per sostenersi a vicenda, quando si sceglie di coabitare, si mettono tra parentesi alcune conquiste come l’indipendenza e l’autonomia personali e della propria famiglia.

Qualche tempo fa quando si parlava di crisi si provava a immaginarla anche come tempo propizio, come occasione da cogliere per trasformare un sistema economico.

Purtroppo, e per ora, dalle indicazioni offerte dalle statistiche ufficiali possiamo osservare come in questo periodo siano incrementate le differenze.

Finora la disuguaglianza è il risultato delle politiche che alimentano l’economia dello scarto, come la chiama papa Francesco. Dalle soluzioni adottate nella crisi i più forti sono stati favoriti, mentre i più deboli hanno subito le logiche della competizione e diventano sempre più vulnerabili. L’impressione è che si tratti di una frattura forte che tenda ad allontanare, non solo a separare le due fasce della popolazione.

Stavolta per reagire non basterà aumentare le percentuali dei tassi di occupazione, ma creare lavoro vero.