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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Economia

Legge di stabilità:
un lampione acceso

Bene il Governo sulle finanze locali, ma rimangono al buio le famiglie

di Nicola SALVAGNIN

12 Ottobre 2012

C’è dentro di tutto, nella manovra autunnale varata di fresco dal governo Monti: dalle quisquilie folcloristiche (meno lampioni accesi di notte) al consueto rimodellamento di imposte e tasse, fino a un decisivo – quanto sottaciuto dai media – disegno di legge che vuole mettere riordino alla devolution costituzionale dei poteri dal centro alla periferia, dallo Stato agli enti territoriali.

Di base non c’è niente di fondamentale per la acclamata ripresa economica, e non potrebbe essere il contrario. Da tempo ci sgoliamo nel ripetere che non si rilancia l’economia con un decreto legge; ma a forza di interventi legislativi si possono creare quelle condizioni che consentano all’economia stessa di ripartire. E la selva di rami che la immobilizzano da anni, è veramente tale.

Non potendo, né volendo usare la motosega, Mario Monti ha privilegiato il taglio selettivo della ramaglia paralizzante. Ha scelto saggiamente di spostare un pochino l’imposizione fiscale dal lavoro ai consumi, alleggerendo l’Irpef di un punto e incrementando sempre dell’1% l’Iva. È cosa saggia per vari motivi: il lavoro in Italia è tartassato, in particolare quello di chi dichiara fino all’ultimo euro. La tassazione dei consumi ha effetti negativi (appesantendoli li frena ancora di più, e rischia di accendere seriamente l’inflazione), ma colpisce onesti ed evasori in ugual misura; pesa su chi ha un regime di vita più costoso rispetto a chi tira a campare; favorisce le esportazioni e ostacola le importazioni.

Sia detto con altrettanta onestà: il taglio di un punto delle aliquote Irpef più basse, è demagogica. Fumo negli occhi per far capire all’opinione pubblica che le tasse possono anche calare. Nella sostanza, sgrava soprattutto i redditi medio-alti (paradossale, ma è così); è accompagnata da una stretta su deduzioni e detrazioni per cui tutto si risolverà in una partita di giro; non tiene conto come al solito dei carichi familiari. Infine, parliamoci chiaro: una simile riduzione dell’Irpef – di per sé molto costosa per le casse dello Stato – sarà però impercettibile per le tasche degli italiani. Per dare una scossa psicologica positiva, di quelle che elettrizzano redditi e consumi, l’Irpef andrebbe tagliata di una decina di punti…

Questa volta, assieme alle tasse, sono arrivati pure i tagli. Una parte della stampa li ha definiti epocali, simil-Grecia. La realtà dei numeri dice che sono stati minimi: per dire, 600 milioni di euro di tagli al budget sanitario su una spesa complessiva di 200 miliardi di euro, è difficile associarli a uno smantellamento della sanità italiana. E lo stesso vale per il giretto di vite ai trasferimenti agli enti locali, compensati da maggiori risorse per il trasporto pubblico. In verità, questa volta si è tagliato poco, ma con precisione, togliendo di qua e aggiungendo di là, rimodulando quella spesa pubblica che va snellita con intelligenza e resa soprattutto più produttiva. In verità, tutti invocano tagli, ma nel giardino degli altri.

Ma in cauda sta il meglio. Dietro la cortina fumogena di Irpef e Iva, resa più mimetizzante da boutade quali la riduzione dei lampioni accesi di notte (su cui apriremo copiosi dibattiti ma dal valore economico irrisorio), il governo Monti ha piazzato un disegno legge, questo sì, capace di sparigliare le carte in tavola.

Lo Stato si riprende la competenza ad armonizzare i bilanci pubblici, altrimenti nessuna spending review sarà mai efficace. Quindi mette gli occhi sui bilanci degli enti locali, e lo farà pure la Corte dei Conti non solo a uova rotte, ma anche preventivamente. E Regioni ed enti locali avranno come obbligo il pareggio di bilancio, così come lo ha lo Stato, che si riprende le competenze esclusive su energia e infrastrutture, troppo spesso paralizzati da veti e lentezze locali. Insomma, fine della devolution di poteri senza responsabilità connessa.

Questo è un bel lampione acceso su quel buco nero che è diventata la finanza degli enti locali, Regioni in primis. Un pozzo oscuro che inghiotte miliardi di euro senza molto senso, che tutti sanno esistente, ma che finora nessuno ha voluto o potuto illuminare. Speriamo che questo disegno di legge non venga cancellato dal gommino di una politica più attenta al bene proprio che a quello comune.