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Violenza contro le donne

I Somaschi: «Bene il Codice Rosso, ma la politica non dimentichi i servizi»

La Onlus ritiene positivo il disegno di legge, ma lancia un appello affinché i servizi offerti alle vittime di violenza siano adeguatamente finanziati

23 Luglio 2019

«L’approvazione del disegno di legge sulla violenza contro le donne è sicuramente un fatto positivo, ma l’agenda politica deve ora affrontare anche altre questioni legate a questo tema, come quella della continuità dei servizi». Questo il commento di Valerio Pedroni, portavoce della Fondazione Somaschi, dopo il via libera definitivo da parte del Senato al “Codice Rosso”, che velocizza le indagini e introduce pene più severe e nuovi reati. «Il Codice Rosso – aggiunge Pedroni – è una misura utile e rappresenta un elemento di continuità rispetto al piano triennale antiviolenza che già prevede degli iter di velocizzazione degli interventi a favore delle vittime di violenza. Il tema che deve essere affrontato adesso riguarda il finanziamento dei centri antiviolenza che non ricevono fondi in maniera continuativa».

Fondazione Somaschi è una Onlus attiva dal 2012 e impegnata – sull’esempio dei Padri Somaschi che da 500 anni danno aiuto a persone in difficoltà – ad accogliere chi ha bisogno, comprese le donne che subiscono maltrattamenti. Fa parte, insieme ad altre realtà del Terzo Settore, della Rete Antiviolenza del Comune di Milano e gestisce due centri antiviolenza in provincia di Milano, uno nel territorio di Rho Garbagnate, HARA. Ricomincio da me, e l’altro in quello dell’Adda Martesana, V.I.O.L.A. A questi tre centri, solo nel 2018, si sono rivolte 345 donne.

Le donne maltrattate che chiedono aiuto sono accolte in uno spazio riservato e anonimo e ricevono ascolto e assistenza. Vengono offerti gratuitamente sostegno psicologico, consulenza e assistenza legale e supporto nella ricerca di una casa e di un lavoro. In casi di rischio elevato è garantita anche ospitalità in case rifugio dove le vittime trovano protezione totale.

«Rispetto all’attività dei centri antiviolenza è necessario un cambiamento di prospettiva – sottolinea Pedroni -. Bisogna passare dal considerarli dei progetti a definirli dei veri e propri servizi, rendendo continuativa la modalità di sovvenzione. Attualmente gli stanziamenti sono segmentati perché partono dallo Stato per passare alle Regioni e ai Comuni ai quali viene chiesto un cofinanziamento. Per garantire questi servizi è invece necessario che le risorse fossero erogate ad una sola istituzione e in maniera regolare. Ci auguriamo che la politica possa dare una risposta concreta anche su questo punto».