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Università Cattolica

Famiglia e lavoro, l’impresa possibile

Forum, Uc e Altis sulla conciliazione: trasformare le buone prassi in sistema

a cura di Michele LUPPI

12 Giugno 2012

Come conciliare lavoro e famiglia, vita privata e professionale. Se ne è parlato molto durante il VII Incontro mondiale delle Famiglie di Milano. Parole importanti, a cui è però necessario far seguire passi concreti, attraverso l’adozione di politiche pubbliche. Ne è convinto il Forum delle Associazioni famigliari, che l’11 giugno, insieme all’Alta Scuola Impresa e Società (Altis) dell’Università Cattolica, ha organizzato, nella sede milanese dell’Ateneo, un incontro tra studiosi e esponenti di imprese per cercare di tracciare le linee di un possibile “piano integrato di politiche per la maternità”.

Il Piano nazionale per la Famiglia

Un appuntamento che arriva a pochi giorni dall’approvazione, avvenuta venerdì, da parte del Consiglio dei Ministri del Piano nazionale per la Famiglia. «Il voto chiude un percorso iniziato nel 2007 – spiega  Francesco Belletti, presidente del Forum delle associazioni familiari -. Si tratta di un passo virtuoso, ma ora bisogna capire in che tempi verrà attuato e quali saranno le risorse messe a disposizione. Perché quando si parla di welfare tempi e costi sono aspetti insostituibili».

Un cambio culturale

Non è la prima volta che l’Altis della Cattolica si occupa di conciliazione, tanto da essere chiamata dalla Regione Lombardia a gestire il network Conciliazione FamigliaLavoro. «Il nostro obiettivo – spiega Stefano Fugazza, coordinatore del network – è quello di mettere insieme tutti i soggetti coinvolti in questo percorso, perché le politiche di conciliazione e di welfare devono partire dal territorio. Contando sul sostegno e sul coinvolgimento delle aziende». Aziende che hanno portato la loro esperienza al dibattito in corso. «Da parte delle aziende – ha spiegato Livio Zingarelli di Roche, ricordando come lui stesso abbia beneficiato di tre mesi di congedo per paternità -, il problema non è solo di tipo organizzativo, ma anche culturale. È importante lavorare sulla flessibilità degli orari, sullo sviluppo dei servizi per i lavoratori, ma se non cambia la mentalità tutto diventa difficile. Viviamo in un mondo del lavoro dove la produttività è ancora troppo legata al presenza sul posto di lavoro, invece che ai risultati».

Una visione condivisa da Gianluigi Toia di Nestlé Italia che ha ribadito come «sia necessario smontare i pregiudizi», senza dimenticare che «la conciliazione tra famiglia e lavoro è nell’interesse delle aziende non per ragioni di filantropia, ma di miglioramento delle attività aziendali e della stessa produttività». Il dirigente Nestlé ha elencato tutta una serie di possibilità offerte ai lavoratori del gruppo, dal part-time al telelavoro, dalla flessibilità oraria all’estensione del congedo di paternità. «Nonostante queste possibilità – continua Toia -, oggi la maternità rappresenta ancora un elemento distintivo nella carriera di un uomo e una donna. Per questo dovremmo creare delle carriere non lineari, che risentano meno dei periodi di congedo».

Oltre le buone prassi, fare sistema

Guardando all’esperienza di queste e molte altre imprese in Italia, il presidente del Forum delle Associazioni Famigliari ha sottolineato come esistano «molte realtà virtuose, ma la sfida vera è quella di trasformare le buone prassi in sistema». «Un lavoro di elaborazione culturale – ha proseguito Belletti – che deve aprirsi a tutti i soggetti coinvolti, a partire dalle stesse famiglie, ognuno con la propria specificità, ma con uguale titolarità e dignità». Il Forum ha voluto però andare oltre elaborando il progetto di un fondo paritetico per la conciliazione. «Ci stiamo lavorando solo da alcuni mesi – racconta Lorenza Rebuzzini -, per questo siamo ancora in una fase di discussione. L’idea è quella di costituire un fondo, finanziato su base volontaria dal lavoratore, con il sostegno dell’azienda e un incentivo statale, a cui attingere nei periodi di congedo parentale o di aspettativa familiare (in modo da compensare il calo dello stipendio) oppure per favorire la diffusione del part-time attraverso una compensazione del reddito». Un fondo, già esistente in altri Paesi europei come Germania e Belgio, che assomiglierebbe a un fondo pensione e, nel caso non venisse utilizzato, potrebbe coprire gli ultimi anni di lavoro permettendo di andare prima in pensione.

Maternità diritto di tutti

Una realtà che presenta però delle criticità se consideriamo il basso livello dei redditi in Italia, che rende difficile la destinazione di parte dello stipendio a questo fondo, ma soprattutto di difficile attribuzione a quelle categorie di lavoratori senza garanzie come le partite Iva, i contratti atipici o a progetto. «Il diritto e la tutela della maternità – sottolinea Marina Piazza del gruppo Maternità e Paternità – dovrebbe essere un diritto di tutte le donne, mentre da una nostra ricerca condotta alla fine del 2011 è risultato che una donna su quattro non ha goduto di alcuni tipo di tutela. Dobbiamo portare l’Italia al livello degli altri Paesi europei».