Share

Valute

Euro, non si gioca con il fuoco

L’attacco “politico” alla moneta unica

di Nicola SALVAGNIN

25 Giugno 2012

Quando un argomento fuoriesce dai ristretti ambiti accademici o specialistici, per trasformarsi in dibattito da salotto, significa che ce lo ritroveremo nella discussione politica. Perché vuol dire che quell’argomento divide, e la politica tende a prendere parte.

Orbene, l’idea che per l’Italia sia possibile, o addirittura conveniente e salutare, abbandonare l’euro per tornare alla vecchia lira, sta ormai attraversando le menti di certi partiti e leader politici. E ci si chiede se sappiano realmente di cosa stanno parlando, o se il cavallo venga cavalcato solo per immediati calcoli elettorali.

È vero: è la moneta europea a essere sotto attacco. La sua debolezza strutturale è quella di non avere uno Stato unitario alle spalle. E alcuni Paesi dell’euroclub, Grecia in primis, non avrebbero avuto già da principio le carte in regola per adottare l’euro, se quelle carte non le avessero abbondantemente truccate. C’è estrema riluttanza ad abbandonare la Grecia al suo destino, cioè a farla uscire dall’eurozona, perché si teme (a ragione) che l’intero mondo considererebbe poi l’euro una moneta finta, pronta a crollare alla prima crisi di uno dei tanti Paesi che l’ha adottato. La stessa Grecia – che ora paga dazio immenso per continuare a rimanere in area euro – alla fine sta cercando in tutti i modi di non esserne espulsa. Sono masochisti, o hanno anche loro fatto i giusti calcoli?

Dall’euro non c’è modo di uscire, il trattato che l’ha inventato, non ha pensato a vie di fuga possibili. S’immaginava una successiva unione politica, non si immaginava che – a distanza di quindici anni – questa fosse ancora lontanissima a venire. Ma il fatto che non ci siano le istruzioni per l’uso, non implica l’impossibilità per un Paese di abbandonare una moneta per adottarne un’altra: basta stamparla in quantità, e dichiarare che da un certo giorno in poi sarà quella ad avere corso legale.

Per l’Italia sarebbe un suicidio. La nuova lira nascerebbe (necessariamente) fortemente svalutata. Sarebbero i mercati a decidere i valori di cambio, ma gli analisti che in questi mesi si baloccano in previsioni monetarie, vi diranno che rivorrebbero molto più delle 1.936 lire del 2003 per acquistare un euro. Nel 2005, in un periodo molto più tranquillo, si calcolò che la possibile svalutazione sarebbe stata del 27%…

Significa pure che il nostro debito pubblico, denominato in euro, esploderebbe. Diciamo che crescerebbe di un quarto in un amen, toccando livelli da record olimpico. Nella migliore delle ipotesi. Si dovrebbe scontare poi l’effetto-disastro che s’insinuerebbe nella testa di tutti gli investitori internazionali: l’Italia è alla frutta, se fa quello che nemmeno la Grecia e Cipro osano fare. Immaginatevi come poi sarebbe possibile piazzare qualcosa come 2.500-3mila miliardi di euro di debito pubblico in giro per il mondo, se non a tassi “argentini”.

Per compensare la grande perdita di potere d’acquisto della nostra nuova moneta (importiamo molto, e comprare prodotti in euro o dollari ci costerebbe ancor di più) si scatenerebbero dinamiche salariali inimmaginabili, come l’inflazione conseguente a prezzi immediatamente più alti. Le nostre banche andrebbero a ramengo, così come buona parte dell’economia, che non saprebbe più come finanziarsi o lo farebbe a tassi proibitivi. I mutui sarebbero carissimi, e addio mercato immobiliare. Nel Mezzogiorno d’Italia calerebbe un denso strato di povertà, con massicce e immediate ondate migratorie. E molto altro ancora (fuga di capitali all’estero, contratti in euro tutti da rifare, ecc.).

In compenso, le aziende del Centro-Nord sarebbero molto più competitive nell’export, in particolare proprio verso la Germania e gli altri Paesi euro. Lo Stato potrebbe stampare tutta la moneta che vuole, anche se questa si trasformerebbe sempre più rapidamente in carta straccia.

Parliamo seriamente: il gioco varrebbe la candela? O è solo lo spauracchio da agitare di fronte alla Germania per farle capire che, se l’Italia va via, tutta l’impalcatura della moneta europea crollerebbe il giorno dopo? Uno spauracchio, poi, che fa poca paura agli altri. Proprio per quanto precedentemente detto, chi avrebbe di più da perderci?

Insomma, la partitica ha bisogno di voti, e a volte si fa pochi scrupoli per attirarli. Ma qui stiamo giocando con il fuoco; se mai usciremo dall’euro, lo faremo solo perché non vi sarà altra strada per sopravvivere. Non per la mattana di lanciarsi nel vuoto, per vedere che effetto che fa cadere da un burrone.