Se continuassimo a percorrere la strada che abbiamo imboccato, le previsioni dell’andamento del mercato lavorativo per l’anno in corso e per quello successivo ci avvertono che il tasso di disoccupazione continuerà a crescere fino ad arrivare nel 2014 al 12,3%. Di fronte a una simile informazione possiamo assumere atteggiamenti differenti: la passiva accettazione del fato, oppure l’attiva capacità di incidere sulla storia per cambiare il proprio destino. Quando, attraverso le loro previsioni, gli studiosi descrivono alcuni probabili scenari, indicano cosa potrebbe accadere, non cosa accadrà. Non sono maghi, sono scienziati. Sta a noi imprimere la direzione al presente, per rendere possibile scenari diversi da quelli prospettati. Possibilità di intervento ci sono, e alcune ipotesi si affacciano nel dibattito pubblico.
Di recente il sociologo Luciano Gallino ha rilanciato una sua antica, ma ancora valida proposta: l’Italia ha bisogno di rinnovare e ammodernare le sue infrastrutture. Si tratta di rendere più efficiente la rete degli acquedotti, di intervenire sui plessi scolastici e sugli edifici ospedalieri, di garantire la sicurezza delle abitazioni, degli argini dei fiumi e torrenti, come dei fianchi delle montagne. Ci sono poi da completare le reti di fibra ottica per incentivare la navigazione Internet e così via. Sono tutti lavori ad alta intensità, che richiedono investimenti, ma possono garantire nuova occupazione, in grado di mettere il Paese al passo con i tempi, più attraente per i turisti, più appetibile per imprese estere. Per conseguire l’obiettivo sarebbe necessario, poi, accompagnare la riqualificazione di una parte della manodopera nella trasformazione della sua professionalità, per formarsi e intraprendere un mestiere diverso da quello precedente.
Trova spazio anche una seconda idea, che sembra circoli nel nuovo Governo con il sostegno del nuovo ministro del Lavoro Enrico Giovannini e del ministro dell’Economia Fabrizio Saccomanni: la staffetta tra le generazioni. La proposta richiede un patto tra le generazioni: i più anziani dovrebbero essere disponibili al part time fino a fine carriera, mentre l’azienda assumerebbe un giovane con contratto a tempo indeterminato. In questo modo si incentiverebbe l’occupazione giovanile e il lavoratore anziano potrebbe essere un tutor per il nuovo entrato. Intraprendere questa strada porterebbe in un anno circa 50 mila posti stabili in più per i giovani. Certo, sarebbe una proposta da applicare anche nei posti dirigenziali, quelli oggi veramente inaccessibili dai giovani.
Se vogliamo cambiare il nostro futuro queste due ipotesi possono essere positive: da una parte creano nuovo lavoro, il reale bisogno nel nostro paese che appare con un sistema produttivo sterile; dall’altra parte si avvierebbe un ricambio generazionale che potrebbe portare a vere innovazioni.