Per il mondo della scuola l’“era Renzi” sembra cominciare con i fuochi d’artificio. Il nuovo governo – e il premier anzitutto – ha debuttato proprio puntando l’indice sulla situazione delle scuole e rilanciando anzitutto la grande emergenza dell’edilizia scolastica. Unita alla necessità più complessiva di mettere al centro dell’azione politica il mondo dell’istruzione.
«Ogni mercoledì mattina mi recherò in una scuola», ha dichiarato il premier.Eparlando in aula al Senato per il voto di fiducia ha dedicato ampio spazio ai temi della scuola, ribadendo tra l’altro che «bisogna restituire valore sociale agli insegnanti», questione che comporta certo l’investimento di risorse – il neoministro Stefania Giannini, ad esempio, è subito intervenuta per sottolineare che i docenti italiani sono pagati «troppo poco» – ma che implica soprattutto «rispetto per chi svolge la funzione di collaboratore nella creazione di una libertà. Bisogna coinvolgere dal basso gli operatori della scuola in ogni riforma – ha insistito Matteo Renzi -. Vi sono studi di economisti che dimostrano come un territorio che investa in educazione e capitale umano è più forte».
Sull’edilizia scolastica in particolare, il capo del governo ha promesso «qualche miliardo di euro», confermando l’intenzione di avviare un piano straordinario di investimenti, tra giugno e settembre. Soldi che servono per tamponare una situazione drammatica, denunciata regolarmente, ogni anno, dai rapporti del settore, ribadita dall’Ance – l’associazione dei costruttori – e adesso anche dalle segnalazioni e dalle fotografie degli studenti sui social network.
Per continuare con le dichiarazioni – i “fuochi d’artificio” – ecco il ministro Giannini, che peraltro nel primo Consiglio dei ministri del governo ha ottenuto lo stanziamento di 150 milioni da usare subito, anticipi del “grande piano” per l’edilizia da concordare con gli Enti locali: «La scuola è, senza retorica, il futuro del Paese. E poiché a oggi questo Paese ha speso 270 miliardi in fondi per pensioni e 55 miliardi per tutto il comparto istruzione è evidente che c’è da riprogettare il rapporto. L’ edilizia è una componente fondamentale e un Paese avanzato non può permettersi di avere bimbi che vivono e studiano in condizioni di insicurezza».
Ci si può fermare qui. E verrebbe da dire “finalmente”, ascoltando le dichiarazioni e le promesse di un governo che ambisce a restare in carica fino al 2018, con il tempo dalla sua, dunque, per realizzare le buone intenzioni. Il mondo della scuola, però, resta probabilmente scettico, perché sa bene, per esperienza, che le buone intenzioni non bastano. Crediamoci, ma in attesa di vedere azioni concrete. Magari piccole (ben vengano i primi 150 milioni), magari raccogliendo in continuità il già fatto dai predecessori, ma tutto nel segno della concretezza. I proclami spaziano su tutto l’orizzonte del mondo scolastico, dall’edilizia al contratto, dai muri ai temi della valutazione del personale, della selezione dei docenti, della premialità… E non potrà mancare la questione tecnologie.
Vero è che il settore ha bisogno di interventi a diversi livelli e, oltre ai soldi, di convinzione e passione. Ma oggi più che mai prima di tutto servono realismo e concretezza, per evitare che facili caldi entusiasmi si trasformino in breve, inevitabilmente – come è già successo – in freddissimi iceberg di sfiducia.