Dalle strade di Parigi alle piazze di Kiev: fra gennaio e dicembre 2013 sono state infinite le occasioni in cui i cristiani hanno reso visibile la propria presenza nella sfera pubblica dei Paesi europei. A cominciare – simbolicamente – dalle imponenti manifestazioni francesi contro il marriage pour tous (matrimonio omosessuale con diritto all’adozione di minori), per giungere, l’ultimo mese dell’anno, a una condivisione spirituale e civile delle rivendicazioni dei cittadini ucraini che domandano a gran voce democrazia interna e l’aggancio all’Unione europea, anche per prendere le distanze dalla Russia di Putin.
Ovviamente non si limitano a questi casi macroscopici le prese di posizione dei credenti – cattolici, ma anche di altre confessioni cristiane -, e non di rado in sintonia con diverse fedi religiose, a favore dei diritti fondamentali, del rispetto della libertà e della dignità umana, di provvedimenti a favore degli indigenti, delle famiglie bisognose o dei lavoratori vittime della crisi. L’anno che va in soffitta ha segnato, per esempio, il successo dell’iniziativa dei cittadini “Uno di Noi”, con quasi due milioni di firme raccolte nei 28 Paesi aderenti all’Ue per chiedere normative comunitarie a tutela della vita. Passerà a suo modo alla storia anche il referendum del 1° dicembre in Croazia, con il quale la stragrande maggioranza degli elettori ha stabilito che sia specificato nella Carta costituzionale che il matrimonio è l’unione «fra un uomo e una donna»: fino a qualche anno fa non ce ne sarebbe stato bisogno, ma ora l’avanzare della secolarizzazione, a Est quanto a Ovest, e i costumi pubblici e privati, probabilmente richiedono chiarezza in questo terreno.
Meno “storica”, ma pur sempre significativa, l’archiviazione, con voto dell’Europarlamento il 10 dicembre, del rapporto sulla “Salute e i diritti sessuali e riproduttivi” (noto come “relazione Estrela”), che intendeva, tra i vari punti contestabili o equivoci, introdurre un inesistente “diritto all’aborto”, che avrebbe contraddetto un autorevole pronunciamento della Corte europea di giustizia oltre a invadere un campo legislativo che è proprio degli Stati membri e non dell’Ue.
Così le “buone battaglie” dei cattolici in questo Anno europeo dei cittadini hanno solcato – a volerle vedere – sentieri diversi: dai consueti, silenziosi e operosi servizi di tanti volontari e organizzazioni ecclesiali sul versante della carità, alle innumerevoli iniziative in ambito educativo; dalle preghiere per la pace in Siria, all’animazione culturale e sociale; dalla presenza nei partiti o nei sindacati, alle mobilitazioni per gli “ultimi” di tanti Paesi del sud del mondo.
Certo, sarebbe miope non riconoscere le “assenze ingiustificate” per parte cattolica in ulteriori e possibili campi d’azione; oppure non vedere che la solidarietà non è sempre stata immediata, disinteressata, efficace; che la comunità cristiana è attraversata da ritrosie, paure, ignavia. Si sa che il Vangelo cammina per le vie del mondo sulle spalle dei santi e così pure dei peccatori: ciò non toglie che i segnali di una presenza cattolica nell’Europa del ventunesimo secolo ci siano, eccome. E in questo 2013, caratterizzato pure dal passaggio di testimone da Papa Benedetto XVI a Papa Bergoglio, si deve guardare alla cattedra di Pietro per scorgere forti segnali di novità, parole vecchie, ma sempre nuove provenienti dalla Bibbia e dall’insegnamento della Chiesa, riproposte da Francesco con una freschezza e immediatezza da toccare le coscienze di chi si professa cristiano come di chi non bazzica sacrestie e altari da parecchio tempo.
Torna così fresco e attuale il messaggio della Ecclesia in Europa, esortazione di Giovanni Paolo II che nel 2013 ha compiuto dieci anni. Dopo aver segnalato punti deboli della presenza credente nel Vecchio continente (smarrimento della memoria e dell’eredità cristiana, paura nell’affrontare il futuro, frammentazione dell’esistenza, affievolirsi della solidarietà…), accanto a molteplici “segnali di speranza”, il Papa polacco affermava: «Il Vangelo della speranza, consegnato alla Chiesa e da lei assimilato, chiede di essere ogni giorno annunciato e testimoniato. È questa la vocazione propria della Chiesa in tutti i tempi e in tutti i luoghi. È questa anche la missione della Chiesa oggi in Europa. […] Chiesa in Europa, la “nuova evangelizzazione” è il compito che ti attende».
Una Chiesa di popolo che accetta le sfide dell’epoca moderna, che non si ritrae rispetto alla sua missione evangelizzatrice, che si pone accanto alle donne e agli uomini di oggi scevra da atteggiamenti di autosufficienza, impegnata a “leggere i segni dei tempi”, disponibile a rimboccarsi le maniche ogni qual volta un uomo è solo, ferito, calpestato. «Chiesa in Europa – rimarcava Giovanni Paolo II -, entra nel nuovo millennio con il libro del Vangelo». Una dotazione minimale, se si vuole, ma indispensabile, per riprendere il cammino in un 2014 ancora ricco di prove e di opportunità.