Sirio 26-29 marzo 2024
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ECONOMIA

Cresce il welfare aziendale

Con la crisi e le tasse esagerate, meglio un aiuto concreto

di Nicola SALVAGNIN

3 Maggio 2015

La scelta della Ferrero di potenziare il welfare aziendale per i suoi tantissimi dipendenti sparsi nel mondo è solo l’ultimo caso di una tendenza che si sta diffondendo sempre di più: quella cioè di offrire ai lavoratori alcuni servizi, quali l’asilo nido o la spesa “calmierata”, come benefit aziendali.

Non è una novità all’estero; non è una novità nemmeno qui, solo che solitamente confinata nell’ambito delle multinazionali straniere con sede in Italia, o di certe aziende pubbliche come le Ulss. Al massimo, di grandi realtà private com’è appunto la Ferrero di Alba.

Ora si sta diffondendo più ampiamente perché tutto sommato realizza l’interesse di tutti: l’azienda fidelizza i lavoratori e li fa star bene; i dipendenti trovano in loco servizi che non ci sono, o sono difficilmente accessibili, oppure sono più costosi. Il territorio spesso usufruisce di un servizio di cui è carente, come un asilo nido aziendale aperto alla comunità.

Ma se un asilo nido in piena regola – assai comodo per le neo-mamme con il relativo crollo delle assenze dal lavoro – viene solitamente creato da una grande realtà lavorativa (non fosse altro che per ragioni di numero di utenti e di economie di scala), altre iniziative stanno prendendo sempre più piede: dalle assicurazioni sulla salute alle convenzioni con particolari strutture sanitarie; dalle card aziendali che permettono sconti interessanti con le strutture commerciali convenzionate, ai voucher da utilizzare in palestre o lavanderie.

La materia è entrata a pieno diritto nella contrattazione aziendale, sempre più sganciata e indipendente da quelle settoriali e territoriali. A volte sono i lavoratori a richiedere; altre, l’azienda stessa a proporre. Sono tempi in cui le rivendicazioni salariali si fanno flebili (la crisi…) e comunque poco interessanti, nel momento in cui lo Stato divora buona parte dell’aumento concesso con oneri sociali che nemmeno in Scandinavia. E allora, piuttosto dei 50 euro al mese in più strappati dopo lunghe discussioni e magari scioperi – che poi corrispondono ad un netto di 30 euro, che difficilmente ti cambia la vita -, meglio un bonus da spendere nei supermercati della zona, o il rimborso delle spese scolastiche per chi ha figli.

Lo ripetiamo: pure le aziende ne traggono vantaggio. Un vantaggio che si misura in maggiore produttività, in minore conflittualità interna, nel calo delle assenze, nella fidelizzazione dei dipendenti che sono il patrimonio principale di ogni impresa.

Alla fine, sono queste le cose che interessano le famiglie e che fanno la differenza. Con buona pace di chi propugna la contrapposizione strutturale tra azienda e lavoratori, due controparti in (teorico) conflitto continuo. Una visione ottocentesca che appunto fa a pugni con la crescita del welfare aziendale.