Capita a tante famiglie. Ma anche a tante piccole imprese familiari. Persone che finiscono per chiedere aiuto alle parrocchie, alle Caritas o alle fondazioni della Consulta nazionale antiusura dopo aver perso la casa di abitazione (o l’immobile sede della piccola impresa) a seguito di esecuzione immobiliare, rischiando di rimanere indebitate a vita. È un fenomeno con numeri in continua crescita. E che desta preoccupazione non solo per i suoi risvolti economico-finanziari, ma anche per le sue conseguenze sociali: famiglie che si rompono, giovani che crescono in un ambiente di frustrazione e disagio.
L’istituto di ricerche Ipsos ha sostenuto di recente che il 14% della popolazione italiana non ha pagato una rata di un finanziamento; ancora più alta, intorno al 20%, è la percentuale di chi è costretto a non onorare le rate di bollette, soprattutto quelle per l’energia, cresciute a dismisura. Dai media, ma anche dall’esperienza degli organismi che si occupano di sovrindebitamento, si coglie che il disagio dai debitori si sta estendendo anche ai creditori. «Abbiamo bisogno di strumenti giuridici e normativi che ci aiutino a creare condizioni di maggiore efficienza, in vista di un recupero crediti socialmente sostenibile», ha recentemente dichiarato Ernesto Fürstenberg Fassio, presidente di Ifis Banca. Concetti simili sono sostenuti anche da altri amministratori di società di recupero credito.
Le cartolarizzazioni sociali (strumento finanziario che aiuta le persone sovraindebitate a salvare la propria casa dall’asta, convertendo il mutuo non pagato in un affitto-riscatto, ovvero un contratto di locazione con riscatto) possono impedire la perdita in esecuzione immobiliare della prima casa, aumentando contemporaneamente l’efficienza dell’azione di recupero crediti, rendendola sostenibile sia dai debitori che dai creditori.
Le cartolarizzazioni sociali sono uno strumento, introdotto dalla legge di bilancio del 2019, che non ha costi per lo Stato. In sostanza le società di investimento, che ne palesano lo scopo, possono acquistare i crediti di immobili in esecuzione immobiliare e, dopo accordi innovativi e sostenibili con il proprietario, possono acquisire la casa per affittarla, con possibilità di riscatto, ai precedenti proprietari, oppure sospendere la procedura di esecuzione immobiliare e pianificare un pagamento dilazionato. I debiti vengono successivamente cancellati, restituendo dignità e stabilità a chi è stato colpito dalla crisi. Si tratta di un ammortizzatore sociale a rendimento, che unisce solidarietà e pragmatismo, aprendo una strada alternativa per affrontare il dramma dei pignoramenti e dei fallimenti.
La Consulta nazionale antiusura “San Giovanni Paolo II”, che coordina l’azione di 35 fondazioni antiusura di matrice ecclesiale attive in tutta Italia (tra cui la lombarda San Bernardino), ha collaborato alla stesura di un emendamento alla Legge di Bilancio 2026, presentato dalla senatrice Erika Stefani e da altri senatori e selezionato tra quelli sottoponibili all’aula.
L’emendamento amplia e potenzia le norme sulle cartolarizzazioni sociali, strumento del quale finora, per una serie di motivi tecnici, non si è fatto sufficiente utilizzo. «L’obiettivo è incentivare il ricorso alla misura, evitando il più possibile ai debitori di perdere la prima casa, e dunque prevenendo il fatto che all’indebitamento succeda una vera e propria caduta in povertà – afferma Luciano Gualzetti, presidente della Consulta nazionale e della Fondazione San Bernardino –. Invitiamo i partiti rappresentati in Parlamento, i singoli parlamentari e tutte le forze politiche che operano per favorire la giustizia sociale ad appoggiare l’emendamento. Invitiamo in particolare i senatori di tutti gli schieramenti ad affiancare la loro firma a quella di coloro che hanno depositato l’emendamento: si tratta di una norma che non ha colore politico, ma difende tutti gli impoveriti indebitati».




