In molti giudicano il matrimonio con durezza oppure fuori moda. Eppure nel 2011 si sono celebrate circa 205 mila nozze. Sono in tanti in Italia a scommettere su questa scelta. Forse ragionare sulle dimensioni dell’instabilità coniugale può confortarli invece che scoraggiarli, perché depotenzia dei “falsi” giudizi, oltre a individuare i punti nevralgici esistenti nel corso di vita a due.
La prima osservazione suggerisce di circoscrivere il fenomeno: appare fuorviante confrontare (come spesso accade nei grafici, anche quelli Istat) il numero dei matrimoni celebrati nell’anno con il numero delle separazioni, perché le basi di partenza sono diverse: le seconde nascono dal numero totale dei rapporti coniugali esistenti in Italia, i primi dal numero dei single che decidono di sposarsi. Quei grafici riproducono quindi soltanto le “entrate” e le “uscite” dalla vita matrimoniale: senza tale specifica, risultano ambigui.
La seconda osservazione conduce ad approfondire il tema della separazione, che coinvolge molte persone: quasi 59mila solo nel 2011. Innanzitutto si nota che anche nell’ultimo anno rilevato è un’esperienza in crescita dello 0,7%, al contrario dei divorzi – 0,7% (in calo per il secondo anno consecutivo). Inoltre l’84,8% di esse si chiude in modo consensuale. Questi due elementi inducono a supporre che una quota delle separazioni sia esclusivamente “formale”. Nel caso specifico sostengono alcuni esperti, ci si separerebbe per motivi economici: meno tasse da pagare; più contributi da ricevere; più agevolazioni da sfruttare rispetto a varie tipologie di servizi come asili nido e mense scolastiche per i figli.
In Italia conosciamo la separazione per interesse, poco romantica, come altrettanto lo era il più famoso e molto infelice matrimonio, per interesse.
La terza osservazione ci conduce a indicare alcuni punti nevralgici di una storia a due. Le ultime rilevazioni Istat descrivono l’instabilità coniugale spalmata nel tempo di vita comune, mentre in passato il fenomeno riguardava soprattutto quelli che si erano sposati di recente, rispetto agli sposi di lungo corso. Sebbene sia presente una quota di “separazioni bianche”, ne rimane un’altra estremamente consistente che deve interrogare. L’equa distribuzione lungo tutto l’arco della vita di coppia ci segnala almeno due conseguenze: non possiamo più parlare di superficialità o immaturità della scelta; non sono più principalmente i novelli sposi ad abbandonare la strada, sono coinvolti i quaranta-cinquantenni, ma anche gli ultrasessantenni.
Si tratta di drammatici cambi di vita per le persone. Diventa opportuno segnalare le fragilità insite nella relazione di coppia. Alcuni consulenti familiari parlano di incapacità a motivare nuovi stati di vita comune: la nascita di un figlio che sposta il baricentro delle attenzioni nella coppia; l’uscita di casa dei figli oppure l’uscita dalla vita attiva quando una coppia deve rimodellare la sua vita trovando impreparati i coniugi.
Ne ricaviamo un suggerimento: quando si scommette sul matrimonio, non ci si può sedere, c’è bisogno di un rinnovamento costante nella coppia che dovrà sempre riposizionare i suoi equilibri.