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Sirio 09 - 15 dicembre 2024
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Imposte

Chiesa e Ici: una linea chiara

Ogni intervento chiarificatore sarà ben accetto, sempre che venga tenuto in debito conto il valore sociale delle attività non profit

di Alberto CAMPOLEONI

20 Febbraio 2012

Le tasse non sono un optional e l’Ici, quando dovuta, va pagata. Senza furbizie. Se ci fossero casi accertati di elusione, bisognerebbe perseguirli. È questa la linea, più volte ribadita, della Chiesa italiana sull’Ici, la tassa degli immobili al centro di polemiche che non si placano e di operazioni di vera e propria disinformazione: il caso del filmato dei Radicali con le false accuse alla Chiesa di Ferrara sui pagamenti Ici è un esempio lampante. Il video sosteneva che la diocesi non aveva versato il dovuto, ma la realtà era ben diversa: sarebbe bastato verificare le informazioni per scoprire pagamenti e ricevute (cosa fatta da altri giornalisti, corretti e scrupolosi).

La linea di piena responsabilità e di trasparenza l’ha riassunta da tempo il cardinale Angelo Bagnasco, presidente dei Vescovi italiani. E nella direzione di una legislazione sempre più chiara ed efficace si sta muovendo il Governo, anche in rapporto al complesso contenzioso aperto a livello europeo. La Chiesa paga già e pagherà l’Ici sugli immobili che non sono destinati ad attività di culto. Una maggiore chiarezza sulle norme già esistenti e una loro definizione per evitare possibili fraintendimenti – questo il processo in corso – è auspicabile.

Lo ha ribadito una volta di più sabato il neo cardinale arcivescovo di Firenze Giuseppe Betori, già segretario della Conferenza episcopale italiana. «Fare chiarezza nelle norme è sempre utile – ha affermato – e sarà salutato favorevolmente dalla Chiesa. Purché sia fatto salvo il riconoscimento delle attività a servizio della gente, destinate al culto e al non profit». Allo stesso modo, nei giorni scorsi, monsignor Domenico Pompili, “portavoce” della Cei, ha precisato che «ogni intervento volto a introdurre chiarimenti alle formule vigenti sarà accolto con la massima attenzione e senso di responsabilità». Sottolineando però anche la necessità che venga «riconosciuto e tenuto nel debito conto» il valore sociale delle attività non profit della Chiesa e non solo.

Sono queste le carte sul tavolo della partita: una legislazione da chiarire meglio, privilegi che non si vogliono, trasparenza e responsabilità. Senza il fumo dei pregiudizi e delle disinformazioni che pure si sono viste in questo periodo nei confronti della Chiesa. Con la consapevolezza che Chiesa e Stato hanno interessi comuni e non contrapposti nei riguardi del Paese. Il Nuovo Concordato, il cui anniversario ricorreva il 18 febbraio, ricorda senza mezze misure l’impegno a collaborare per la promozione dell’uomo e il bene dell’Italia. Impegno che si traduce certo nel pagare le tasse e, per quanto riguarda la Chiesa, anche nelle innumerevoli attività di servizio e sostegno alla società civile, ai poveri, agli esclusi e agli emarginati. Nelle attività educative e di promozione, come ad esempio le scuole e gli oratori. È una trama a maglie fitte, diffusa e radicata, talvolta un vero e proprio tessuto di fiducia e di speranza per l’intera società.

Cercare di screditare tutto questo davvero non serve a nessuno. Nemmeno a fare cassa. Di fronte alla verità dei fatti, anche chi non condivide un pensiero e una presenza è chiamato all’onestà intellettuale.