Presentato oggi il primo Bilancio sociale del Celim, nell’anno in cui l’Ong milanese festeggia il suo 60° anniversario. Una realtà che nel tempo, dice il presidente Matteo Crovetto, «è profondamente cambiata, ma ha mantenuto lo spirito di allora: partire a sostegno dei missionari. Poi sono arrivate le leggi a tutela, i progetti, la burocrazia, i rendiconti…». Al di là del bilancio economico, che esprime solo numeri, per la prima volta il Celim si è raccontato attraverso il Bilancio sociale e invitando a un confronto anche monsignor Luca Bressan, Vicario episcopale per la Cultura, la carità, la missione e l’azione sociale della Diocesi di Milano; Alberto Fontana, Commissione centrale di beneficenza di Fondazione Cariplo; Marco Granelli, assessore alla Sicurezza e coesione sociale; Paolo Morerio, presidente della Fondazione Peppino Vismara.
Fin dal suo nascere il Celim ha voluto inviare nei Paesi del sud del mondo le famiglie, «perché hanno qualcosa in più». Ma il successo di un progetto, assicura il presidente, non si misura al momento della sua conclusione, «ma dopo uno, due o cinque anni: se è rimasto qualcosa, vuol dire che è andato bene». Oggi il Celim opera in Albania, Kosovo, Mozambico, Zambia con progetti sanitari, agricoli, educativi, ambientali… mentre dagli anni ’90 ha avviato a Milano e hinterland attività di sensibilizzazione con le scuole, famiglie, immigrati…
Nel 2013 sono stati 84 mila i beneficiari diretti di Celim con quasi 2 milioni di euro spesi in progetti (l’intero bilancio supera i 2 milioni e 700 euro), che corrispondono in media a 24 euro a testa, una cifra che nei Paesi già citati permette di fare molto. In ogni caso quel che conta è che «l’85% dei fondi», assicura Crovetto, «vanno ai paesi che aiutiamo, mentre solo il 15% va nella gestione e struttura». Tutto questo è possibile, chiarisce il presidente, «grazie al grande lavoro che svolgono i volontari» e che nel Bilancio sociale è calcolato per un valore pari al 7%. E se un tempo oltre il 60% dei progetti era finanziato dal ministero Affari esteri, ora Celim è sostenuto soprattutto da fondazioni private, enti pubblici (locali, nazionali e internazionali) ed enti religiosi.
Il Comune di Milano, che finanzia in particolare le attività di sensibilizzazione, guarda con grande interesse a una realtà come quella del Celim, «per le azioni di sviluppo e per l’ambiente», dice l’assessore Granelli. «In una città dove la comunicazione e la mobilità sono molto elevate, oggi c’è ancora tanta conflittualità verso le persone che vengono da lontano, mentre occorre sviluppo, sicurezza e coesione sul territorio». Granelli, guardando soprattutto ai giovani milanesi, auspica una collaborazione con il Celim «per la promozione del volontariato» che da solo può davvero produrre un cambiamento a partire dalle persone che lo svolgono.
Un grazie a nome dell’Arcivescovo e della Diocesi di Milano lo esprime monsignor Bressan, ricordando anche lo stretto legame che esiste tra Celim e Chiesa ambrosiana. Oggi la collaborazione passa attraverso la Caritas ambrosiana, l’ufficio diocesano di Pastorale missionaria e l’ospedale di Chirundu in Zambia. Bressan cita il Motu proprio “Fidei donum”, il documento conciliare “Ad gentes” e papa Francesco per riaffermare il valore della famiglia, dei laici, dell’evangelizzazione attraverso le attività sociali e la condivisione della vita. I valori cristiani, dice, «si trasmettono per osmosi aiutando l’uomo a umanizzarsi».
Tra i maggiori sostenitori, con un progetto di tre anni in Albania che si avvia alla sua conclusione, figura la Fondazione Cariplo. «Noi non facciamo donazioni», chiarisce Alberto Fontana, «ma operazioni di investimento perché l’area in cui opera il Celim è importante e strategica». Eppure l’Onu ha ridotto i finanziamenti alle Ong. «Ma se ci dimentichiamo dell’uomo», continua, «non costruiamo una società giusta». Per questo «noi eroghiamo soldi, frutto di investimenti, per la solidarietà vera!».
Chi si riconosce nel «metodo» e nello «stile» del Celim è la Fondazione Peppino Vismara, che da 20 anni finanzia progetti dell’Ong milanese. «Le iniziative che sosteniamo», dice il presidente Morerio, «mirano sempre a portare all’autonomia dei beneficiari, sono loro infatti a dover crescere». Apprezza «lo stile discreto dei volontari», che ha visto all’opera nei suoi viaggi, «la sobrietà» e «la condivisione con la popolazione». Secondo Morerio «gli interventi per essere efficaci devono continuare nel tempo», per questo crede soprattutto ai piccoli progetti, che coinvolgono le persone dal basso, non alle grandi opere dove si disperdono molte risorse. Quando si finanzia un progetto – conclude – è quindi importante verificare che ci siano garanzie di continuità, solo così si avranno buoni risultati a livello locale.