Non si sono fermati davanti a nulla e hanno sparato a sangue freddo, senza pietà, senza ripensamenti. Parigi è caduta nell’ombra più oscura del terrorismo di matrice islamica, come purtroppo da tempo si temeva e come purtroppo è avvenuto, nonostante le allerte e le precauzioni. Un attacco durissimo messo a segno da tre uomini contro la sede del settimanale satirico Charlie Hebdo, a Parigi. Uomini vestiti tutti di nero, incappucciati e armati di kalashnikov. Quel che è successo sfiora l’inimmaginabile. L’attacco, le grida «Allah akbar». I redattori sono stati chiamati per cognome e ammazzati. Freddati anche mentre erano a terra e chiedevano pietà. L’auto con cui i terroristi sono scappati è stata trovata un’ora dopo l’attentato, nel XIX arrondissement. Tra le vittime, il direttore del settimanale, Stephan Charbonnier, detto Charb, e i tre più importanti vignettisti: Cabu, Tignous e Georges Wolinski. Si tratta dell’attacco più grave della storia recente di Francia.
La reazione dell’Eliseo
Il presidente François Hollande è arrivato sul luogo dell’attentato verso mezzogiorno e ha indetto una riunione urgente all’Eliseo e tutta l’area dell’Île-de-France è stata messa sotto “allerta attentato” secondo il piano Vigipirate. Hollande ha parlato subito di «attentato terroristico» e ha aggiunto: «Dobbiamo reagire con fermezza, ma anche con la preoccupazione di non ledere l’unità nazionale. Siamo in un momento difficile, molti attentati sono stati evitati. Sapevamo che eravamo minacciati perché siamo un paese libero. Puniremo gli aggressori». Solidarietà alla Francia è stata espressa da tutta Europa. Il primo ministro britannico David Cameron ha subito dichiarato via twitter: «Siamo a fianco del popolo francese nella lotta contro il terrorismo e per la difesa della libertà di stampa». Il premier italiano Matteo Renzi si è recato personalmente all’Ambasciata di Francia a Roma per portare la solidarietà del nostro Paese. La Santa Sede esprime «esecrazione» per l’attentato e parla di «un atto che merita una doppia condanna, sia perché lede la libertà religiosa, sia perché è un atto che minaccia e offende la libertà di stampa».
Imam francesi col Papa
Mentre a Parigi c’era l’inferno, a Roma in piazza San Pietro una delegazione di imam francesi incontrava papa Francesco. Ad accompagnarli c’era monsignor Michel Dubost, vescovo d’Evry-Corbeil-Essonnes e presidente del Consiglio per le relazioni interreligiose. «Siamo sconvolti per le vittime e per le loro famiglie, ma siamo sconvolti anche per la Francia e per la democrazia», le primissime parole di choc espresse dal vescovo. Monsignor Dubost racconta cosa è avvenuto tra il Papa e gli Imam: «Ero lì con loro quando il Papa ha chiesto loro, “Pregate per me”, manifestando una fraternità straordinaria che può esistere tra i credenti di differenti religioni, quando c’è rispetto gli uni per gli altri». Il rischio ora sono le conseguenze dell’attentato sulla già delicata coesione sociale in Francia tra le diverse comunità. «Non si trovano soluzioni ai problemi attraverso la violenza, ma sempre e solo nel diritto – precisa Dubost -. Stiamo vivendo un momento difficile, ma è proprio questo il tempo di incontrarci. È vero che fa più rumore un albero che cade di una foresta che cresce. La strada del dialogo è lunga, ma non ci sono alternative».
I quattro imam francesi in visita a Roma e al Vaticano – Azzedine Gaci (rettore della Moschea Othman a Villeurbanne), Tareq Oubrou (rettore della Gran Moschea di Bordeaux), Mohammed Moussaoui (presidente onorario del Cfcm e presidente dell’Union des Mosquées de France) e Djelloul Seddiki (direttore dell’Istituto Al Ghazali della gran Moschea di Parigi) – hanno poi firmato una dichiarazione congiunta col cardinale Jean-Louis Tauran, presidente del Pontificio Consiglio per il dialogo interreligioso: «In queste circostanze, occorre ricordare che senza la libertà di espressione, il mondo è in pericolo» ed «è imperativo» come ha chiesto papa Francesco «opporsi con ogni mezzo al diffondersi dell’odio e di ogni forma di violenza, fisica e morale, che distrugge la vita umana». La dichiarazione è stata firmata anche da monsignor Dubost e da padre Christophe Roucou.
I firmatari si dicono «scioccati» dal terribile attentato di Parigi e «desiderano ancora una volta associarsi alle parole pronunciate ieri e questa mattina da Papa Francesco e denunciare la crudeltà e la cieca violenza. Con Lui, invitiamo i credenti a manifestare con l’amicizia e la preghiera la loro solidarietà umana e spirituale verso le vittime e le loro famiglie». «I responsabili religiosi – prosegue la dichiarazione – sono chiamati a promuovere sempre più una cultura della pace e della speranza, capace di vincere la paura e di costruire ponti tra gli uomini». Considerando infine l’impatto dei mezzi di comunicazione i firmatari del testo «invitano i loro responsabili a offrire una informazione rispettosa delle religioni, dei loro seguaci e delle loro pratiche, favorendo così una cultura dell’incontro. Il dialogo interreligioso rimane la sola via da percorrere insieme per dissipare i pregiudizi».
La comunità musulmana
È il Consiglio francese del culto musulmano e dei musulmani di Francia a condannare per primo e «con la più forte determinazione l’attentato terroristico commesso con una violenza eccezionale contro il giornale Charlie Hebdo». «Questo atto barbaro di una estrema gravità – dice il presidente di Cfcm, Dalil Boubakeur – è anche un attacco contro la democrazia e la libertà di stampa. I nostri primi pensieri vanno alle vittime e alle loro famiglie alle quali esprimiamo la nostra totale solidarietà nella terribile prova che stanno vivendo. In un contesto internazionale politico in cui le tensioni alimentate dai deliri di gruppi terroristici che sfruttano ingiustamente l’Islam, chiediamo a tutti coloro che sono impegnati per i valori della Repubblica e della democrazia, di evitare provocazioni che servono solo a gettare olio sul fuoco. Di fronte a questo dramma di scala nazionale, richiamiamo la comunità musulmana a dare prova della massima vigilanza contro eventuali manipolazioni da parte di gruppi dalle visioni estremiste, qualsiasi esse siano».