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Acli

Social card, un piano realistico

La proposta per le situazioni di grave povertà emersa dalla conferenza organizzativa e programmatica svoltasi nei giorni scorsi a Milano. L'Arcivescovo: dare valenza politica alla solidarietà

a cura di Francesca LOZITO Redazione

13 Aprile 2010

Far risplendere il volto umano dell’economia e del lavoro. È questo l’invito rivolto dall’Arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi ai delegati della conferenza organizzativa e programmatica delle Acli che si è svolta dall’8 al 10 aprile a Milano. 986 mila iscritti in Italia e all’estero, 811 strutture territoriali, tra cui 3.500 circoli, 106 sedi provinciali e 21 regionali: questi i numeri dell’associazione cristiana dei lavoratori, una realtà che dal 2006 a oggi è cresciuta nelle sue varie espressioni, del 13%.
Il cardinale Tettamanzi ha esortato gli aclisti a essere una presenza “protagonista” nel mondo del lavoro per superare prima di tutto la dicotomia tra la sfera dell’economico e la sfera del sociale. «Emerge – ha affermato Tettamanzi – l’esigenza di una più energica opera educativa, capace di far uscire la solidarietà dall’ambito ristretto dei buoni sentimenti, della buona azione, di qualche gesto di volontariato, per allargarla e rilanciarla nel suo spessore sociale e nella sua valenza politica». Far risplendere il volto umano dell’economia e del lavoro. È questo l’invito rivolto dall’Arcivescovo di Milano Dionigi Tettamanzi ai delegati della conferenza organizzativa e programmatica delle Acli che si è svolta dall’8 al 10 aprile a Milano. 986 mila iscritti in Italia e all’estero, 811 strutture territoriali, tra cui 3.500 circoli, 106 sedi provinciali e 21 regionali: questi i numeri dell’associazione cristiana dei lavoratori, una realtà che dal 2006 a oggi è cresciuta nelle sue varie espressioni, del 13%.Il cardinale Tettamanzi ha esortato gli aclisti a essere una presenza “protagonista” nel mondo del lavoro per superare prima di tutto la dicotomia tra la sfera dell’economico e la sfera del sociale. «Emerge – ha affermato Tettamanzi – l’esigenza di una più energica opera educativa, capace di far uscire la solidarietà dall’ambito ristretto dei buoni sentimenti, della buona azione, di qualche gesto di volontariato, per allargarla e rilanciarla nel suo spessore sociale e nella sua valenza politica». La “missione” delle Acli «Curare la comunità, animare la politica, essere sentinelle per la nostra Chiesa e servire i poveri, di beni materiali quanto di beni relazionali»: questa la missione dell’associazione cristiana dei lavoratori, ribadita in apertura dal presidente nazionale Andrea Olivero. Questi, secondo Olivero, sono tempi di «paura, preoccupazione, crisi e insieme insulto, denigrazione e svilimento». E allora occorre essere «sentinelle del territorio e costruttori di comunità» perché «le Acli credono e lavorano per il dialogo; lo fanno promuovendo l’incontro tra tutte le organizzazioni sociali, ma anche favorendo un ecumenismo popolare tra cristiani di differenti confessioni». E allora ecco la proposta concreta lanciata dall’assise di Milano: rivedere la social card, varata nel dicembre 2008 dal governo Berlusconi, per farla diventare uno strumento di lotta alla povertà assoluta. Il piano triennale Non un sogno impossibile: il piano proposto è triennale e prevede per ogni anno lo stanziamento di 665 milioni di euro, 565 per il contributo monetario e 100 per i servizi. La ricetta dell’associazione cristiana dei lavoratori passa dagli attuali 40 a 133 euro, con la possibilità di erogare un importo superiore alla media per le situazioni di povertà più gravi. Inoltre, secondo una filosofia che vuole dichiaratamente abbracciare il federalismo, laddove il costo della vita è maggiore, in primis al nord, vengono elevate le soglie di accesso ed erogati importi maggiori. Infine, viene affiancata alla prestazione monetaria un’offerta di servizi alla persona. La regia verrebbe affidata così ai Comuni e le decisioni prese in Conferenza Stato-Regioni.«Riteniamo – si legge nel documento – che coerentemente con il diritto comunitario e con le disposizioni della Corte di giustizia europea debba essere estesa la possibilità di fruirne alle persone straniere, comunitarie e extracomunitarie». Il documento presentato dalle Acli, frutto di un gruppo di lavoro coordinato da Cristiano Gori, docente di politica sociale all’Università Cattolica di Milano, prevede anche i possibili rischi. Il primo è che le misure non vadano alle famiglie effettivamente povere: «Contro questa eventualità – si legge nel documento – sono già ora previsti dettagliati criteri di accesso, a cui si aggiungerà una campagna straordinaria di verifiche, nell’arco del triennio 2010-2013». La crisi del “ceto medio” Combattere le nuove forme di povertà, conseguenza anche della crisi economica che stiamo ancora vivendo. Le Acli di Milano, per esempio, stanno attivamente partecipando al Fondo diocesano Famiglia-Lavoro. «Le richieste sono aumentate – spiega il presidente provinciale milanese Gianni Bottalico -, sia quelle della popolazione italiana sia quelle della popolazione straniera, ed è aumentata la casistica di chi chiede aiuto. Quel ceto medio popolare che pensavamo non toccato dalla crisi è quello che oggi è in difficoltà. Quindi sta cambiando la tipologia, sempre più si alza il livello di chi chiede aiuto, non è più dal basso, ma aumentano i casi di richieste di chi prima stava meglio e ora sta chiedendo aiuto».Un allarme lanciato anche da Mauro Magatti, preside della Facoltà di sociologia dell’Università Cattolica di Milano: «Siamo al primo giro di boa della globalizzazione – ha detto – e l’Unione europea accusa il colpo. Occorre ritrovare un discorso di senso che ci permetta di coniugare solidarietà e competitività sul territorio». Gli fa eco Mario Marazziti, portavoce della Comunità di Sant’Egidio: «Lottare contro la povertà è l’unica cosa intelligente da farsi. Una necessità per tutti». Infine, Mario Sepi, presidente del Comitato economico e sociale europeo, ha invece posto l’allarme sul fatto che l’Unione europea non ha ancora messo in atto una politica economica per uscire dalla crisi, se non per l’emergenza, come nel caso della Grecia.