Share

Scuola

«Si deve ripartire dalla centralità sia dell’alunno, sia del docente»

In merito ai recenti provvedimenti, intervengono l'Ac e le associazioni cattoliche Aimc e Uciim

di Luisa BOVE Redazione

17 Febbraio 2010

Realtà come l’Azione Cattolica ambrosiana, l’Associazione Italiana Maestri Cattolici e l’Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi, che hanno a cuore l’educazione dei giovani e la formazione dei docenti, si sono confrontati e hanno redatto un documento congiunto in merito ai recenti provvedimenti. I firmatari parlano di «legge necessaria ma insufficiente rispetto alle attuali sfide» e che «avrebbe forse dovuto prevedere un progetto nuovo, più ambizioso a livello culturale e didattico, almeno all’altezza dei valori sempre rimarcati dai progetti di legge via via emanati». La sensazione è che dopo oltre 12 anni di dibattito legislativo si sia giunti semplicemente a «un riordino amministrativo dell’esistente, dettato da esigenze economiche». Eppure oggi più che mai la scuola ha bisogno di «punti fermi e stabili per poter avviare processi di formazione del personale, progettazione con il territorio, attuazione delle possibilità, che l’autonomia prevede». Inoltre «mancano alcuni tasselli importanti» come la definizione della formazione dei futuri docenti e degli organi collegiali, in una parola, «manca l’idea di fondo».
Dopo un lungo iter che ha coinvolto intellettuali, pedagogisti, esperti di diversa formazione culturale, si legge ancora nel documento, «pare che dalla politica non ci si possa aspettare altro, soprattutto manca un’idea di scuola, di un senso per il quale oggi valga la pena affrontare l’avventura bella e onerosa della scuola». La responsabilità di questa insignificanza non va attribuita solo alla politica: «Purtroppo manca nel nostro Paese un’attesa positiva e costruttiva riguardo alla scuola». Eppure sarebbe bello pensare alla scuola come a un «laboratorio» capace di portare i ragazzi alla «scoperta di sé, socializzazione, integrazione, crescita culturale, sviluppo di competenze, educazione alla cittadinanza, ingredienti indispensabili in un paese in così forte trasformazione sociale e demografica come il nostro».
«Ora la parola passa alle scuole, alle famiglie, ai cittadini», continua il documento, «perché molto resta ancora da pensare e da fare». Ac, Aimc e Uciim concordano sul fatto che «si debba seriamente ripartire dalla centralità della persona», sia di studenti che di docenti: «La scuola ha un valore strategico nella crescita di un Paese» e «l’attuale dibattito ecclesiale sulle sfide educative può aiutare ad approfondire».
Occorre ridare «un’anima alla scuola» per formare giovani capaci sia di convivenza in un contesto «pluralista, democratico, europeista», sia di edificare una società «realmente multiculturale, integrata, non impaurita, disponibile ad offrire a ciascuno pari opportunità di riuscita».
La stessa «partecipazione responsabile» è resa possibile dalla creazione di luoghi di confronto tra scuola e realtà locali per «un’azione coordinata e costruttiva nei quartieri e nelle città». È importante anche la formazione dei docenti, sia per chi è all’inizio della carriera, sia per chi è già in servizio. Da una parte c’è bisogno di ripartire dalle motivazioni di ciascuno e dall’altra investe sulla qualità dei formatori.
In ogni caso la sfida educativa «non può rimanere oggetto di dibattito teorico, ma chiede luoghi, energie anche economiche, intelligenza e cuore». Per questo occorre anche una «revisione degli organismi» perché «la scuola dell’autonomia e del futuro deve essere affidata alla cura di tutta la comunità educativa, con organi collegiali democraticamente eletti e di effettiva capacità gestionale». Realtà come l’Azione Cattolica ambrosiana, l’Associazione Italiana Maestri Cattolici e l’Unione Cattolica Italiana Insegnanti Medi, che hanno a cuore l’educazione dei giovani e la formazione dei docenti, si sono confrontati e hanno redatto un documento congiunto in merito ai recenti provvedimenti. I firmatari parlano di «legge necessaria ma insufficiente rispetto alle attuali sfide» e che «avrebbe forse dovuto prevedere un progetto nuovo, più ambizioso a livello culturale e didattico, almeno all’altezza dei valori sempre rimarcati dai progetti di legge via via emanati». La sensazione è che dopo oltre 12 anni di dibattito legislativo si sia giunti semplicemente a «un riordino amministrativo dell’esistente, dettato da esigenze economiche». Eppure oggi più che mai la scuola ha bisogno di «punti fermi e stabili per poter avviare processi di formazione del personale, progettazione con il territorio, attuazione delle possibilità, che l’autonomia prevede». Inoltre «mancano alcuni tasselli importanti» come la definizione della formazione dei futuri docenti e degli organi collegiali, in una parola, «manca l’idea di fondo».Dopo un lungo iter che ha coinvolto intellettuali, pedagogisti, esperti di diversa formazione culturale, si legge ancora nel documento, «pare che dalla politica non ci si possa aspettare altro, soprattutto manca un’idea di scuola, di un senso per il quale oggi valga la pena affrontare l’avventura bella e onerosa della scuola». La responsabilità di questa insignificanza non va attribuita solo alla politica: «Purtroppo manca nel nostro Paese un’attesa positiva e costruttiva riguardo alla scuola». Eppure sarebbe bello pensare alla scuola come a un «laboratorio» capace di portare i ragazzi alla «scoperta di sé, socializzazione, integrazione, crescita culturale, sviluppo di competenze, educazione alla cittadinanza, ingredienti indispensabili in un paese in così forte trasformazione sociale e demografica come il nostro».«Ora la parola passa alle scuole, alle famiglie, ai cittadini», continua il documento, «perché molto resta ancora da pensare e da fare». Ac, Aimc e Uciim concordano sul fatto che «si debba seriamente ripartire dalla centralità della persona», sia di studenti che di docenti: «La scuola ha un valore strategico nella crescita di un Paese» e «l’attuale dibattito ecclesiale sulle sfide educative può aiutare ad approfondire».Occorre ridare «un’anima alla scuola» per formare giovani capaci sia di convivenza in un contesto «pluralista, democratico, europeista», sia di edificare una società «realmente multiculturale, integrata, non impaurita, disponibile ad offrire a ciascuno pari opportunità di riuscita».La stessa «partecipazione responsabile» è resa possibile dalla creazione di luoghi di confronto tra scuola e realtà locali per «un’azione coordinata e costruttiva nei quartieri e nelle città». È importante anche la formazione dei docenti, sia per chi è all’inizio della carriera, sia per chi è già in servizio. Da una parte c’è bisogno di ripartire dalle motivazioni di ciascuno e dall’altra investe sulla qualità dei formatori.In ogni caso la sfida educativa «non può rimanere oggetto di dibattito teorico, ma chiede luoghi, energie anche economiche, intelligenza e cuore». Per questo occorre anche una «revisione degli organismi» perché «la scuola dell’autonomia e del futuro deve essere affidata alla cura di tutta la comunità educativa, con organi collegiali democraticamente eletti e di effettiva capacità gestionale».