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Cronaca

Rosarno, sud amaro

In margine alle parole di Benedetto XVI sugli immigrati

di Giancarlo PEREGO Direttore generale Migrantes Redazione

11 Gennaio 2010

Rosarno è una cittadina di 16 mila abitanti in Calabria, il “Sud nel Sud”, come ricordava Franco Verga nella prefazione al libro-inchiesta sulle Regioni del Meridione Sud amaro, pubblicato nel 1970 da un giornalista, Adriano Baglivo, e un sociologo, Giovanni Pellicciari. Rosarno, l’antica Medma, la città di Filippo, segretario di Platone, è come un balcone naturale che guarda alla piana di Gioia Tauro, la pianura verde della Calabria, all’epoca romana definita «granaio dell’Impero». Dagli schiavi di allora agli schiavi di oggi, la situazione di sfruttamento nella piana di Rosarno non sembra cambiata, alla luce delle immagini e dei fatti di violenza e di sfruttamento di cui tutti ormai siamo testimoni.
Nell’Angelus del Papa di domenica la città di Rosarno è diventata il simbolo di un rinnovato magistero e impegno sociale attenti alla dignità e ai diritti dei lavoratori. Come Leone XIII, che nel 1891, guardando alle rerum novarum, alle “cose nuove”, denunciava la situazione di sfruttamento degli operai e dei braccianti agricoli ricordando i diritti alla giusta retribuzione, al riposo, alla casa, alla tutela della salute, così Benedetto XVI, in un contesto di “cose nuove”, tra cui certamente pone il fenomeno delle migrazioni dei popoli del Sud del mondo, ha ricordato tre importanti direzioni a cui guardare nella società di oggi, anche alla luce dei fatti di Rosarno.
Anzitutto, il Papa ha ricordato che «bisogna ripartire dal cuore del problema! Bisogna ripartire dal significato della persona!». «Un immigrato è un essere umano – ha ricordato il Papa -, differente per provenienza, cultura, e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita». È il ritorno al personalismo sociale, di cui sono stati maestri illustri Mounier, Maritain, Stefanini ieri, Ricoeur e Lévinas oggi, e di cui sono stati protagonisti della vita sociale italiana Giorgio la Pira, Adriano Olivetti, Amintore Fanfani, Giordano dell’Amore, Aldo Moro, per ricordare solo alcuni nomi. Un personalismo sociale che oggi chiede l’impegno a coniugare strettamente economia e democrazia, legalità e sussidiarietà.
Una seconda direzione a cui guardare, secondo il Papa, è l’esclusione di un ritorno alla lotta di classe, alla violenza sociale come base per la difesa dei diritti, ma un rinnovato impegno per il dialogo sociale, la mutualità, di cui il mondo sindacale – che vede iscritti oggi uno dei 2 milioni dei lavoratori stranieri in Italia – diventi un luogo fondamentale di tutela. «La violenza – ha ricordato Benedetto XVI – non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà». Anche la mafia, la ‘ndrangheta che oggi è ancora padrona in questo territorio non può essere sconfitta solo con misure di polizia, ma con una grande azione sociale e di responsabilità comune.
Infine, il Papa invita a una riflessione culturale nuova, come già scriveva nella recente enciclica Caritas in veritate, che abbia al centro una nuova riflessione sulla relazione, necessaria per dare una base all’incontro tra culture diverse, e che ha il suo fondamento nella visone “fraterna” del mondo, ma anche nella prospettiva conciliare di una “nuova civiltà dell’amore”. «Invito – ha concluso il Papa – a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me».
Per le comunità cristiane Rosarno, nelle parole del Papa, diventa il simbolo di un rinnovato impegno educativo in campo politico e sociale, che aiuti a costruire una “città dell’uomo”, dove il lavoro, la casa, non sono “merce”, ma beni comuni da promuovere e difendere per tutti. Rosarno è una cittadina di 16 mila abitanti in Calabria, il “Sud nel Sud”, come ricordava Franco Verga nella prefazione al libro-inchiesta sulle Regioni del Meridione Sud amaro, pubblicato nel 1970 da un giornalista, Adriano Baglivo, e un sociologo, Giovanni Pellicciari. Rosarno, l’antica Medma, la città di Filippo, segretario di Platone, è come un balcone naturale che guarda alla piana di Gioia Tauro, la pianura verde della Calabria, all’epoca romana definita «granaio dell’Impero». Dagli schiavi di allora agli schiavi di oggi, la situazione di sfruttamento nella piana di Rosarno non sembra cambiata, alla luce delle immagini e dei fatti di violenza e di sfruttamento di cui tutti ormai siamo testimoni.Nell’Angelus del Papa di domenica la città di Rosarno è diventata il simbolo di un rinnovato magistero e impegno sociale attenti alla dignità e ai diritti dei lavoratori. Come Leone XIII, che nel 1891, guardando alle rerum novarum, alle “cose nuove”, denunciava la situazione di sfruttamento degli operai e dei braccianti agricoli ricordando i diritti alla giusta retribuzione, al riposo, alla casa, alla tutela della salute, così Benedetto XVI, in un contesto di “cose nuove”, tra cui certamente pone il fenomeno delle migrazioni dei popoli del Sud del mondo, ha ricordato tre importanti direzioni a cui guardare nella società di oggi, anche alla luce dei fatti di Rosarno.Anzitutto, il Papa ha ricordato che «bisogna ripartire dal cuore del problema! Bisogna ripartire dal significato della persona!». «Un immigrato è un essere umano – ha ricordato il Papa -, differente per provenienza, cultura, e tradizioni, ma è una persona da rispettare e con diritti e doveri, in particolare, nell’ambito del lavoro, dove è più facile la tentazione dello sfruttamento, ma anche nell’ambito delle condizioni concrete di vita». È il ritorno al personalismo sociale, di cui sono stati maestri illustri Mounier, Maritain, Stefanini ieri, Ricoeur e Lévinas oggi, e di cui sono stati protagonisti della vita sociale italiana Giorgio la Pira, Adriano Olivetti, Amintore Fanfani, Giordano dell’Amore, Aldo Moro, per ricordare solo alcuni nomi. Un personalismo sociale che oggi chiede l’impegno a coniugare strettamente economia e democrazia, legalità e sussidiarietà.Una seconda direzione a cui guardare, secondo il Papa, è l’esclusione di un ritorno alla lotta di classe, alla violenza sociale come base per la difesa dei diritti, ma un rinnovato impegno per il dialogo sociale, la mutualità, di cui il mondo sindacale – che vede iscritti oggi uno dei 2 milioni dei lavoratori stranieri in Italia – diventi un luogo fondamentale di tutela. «La violenza – ha ricordato Benedetto XVI – non deve essere mai per nessuno la via per risolvere le difficoltà». Anche la mafia, la ‘ndrangheta che oggi è ancora padrona in questo territorio non può essere sconfitta solo con misure di polizia, ma con una grande azione sociale e di responsabilità comune.Infine, il Papa invita a una riflessione culturale nuova, come già scriveva nella recente enciclica Caritas in veritate, che abbia al centro una nuova riflessione sulla relazione, necessaria per dare una base all’incontro tra culture diverse, e che ha il suo fondamento nella visone “fraterna” del mondo, ma anche nella prospettiva conciliare di una “nuova civiltà dell’amore”. «Invito – ha concluso il Papa – a guardare il volto dell’altro e a scoprire che egli ha un’anima, una storia e una vita: è una persona e Dio lo ama come ama me».Per le comunità cristiane Rosarno, nelle parole del Papa, diventa il simbolo di un rinnovato impegno educativo in campo politico e sociale, che aiuti a costruire una “città dell’uomo”, dove il lavoro, la casa, non sono “merce”, ma beni comuni da promuovere e difendere per tutti.